Stai a vedere che i grillini avevano ragione sulla lotta alla corruzione. Questo quanto emerge dall’ultimo report, relativo al triennio 2016-2019, con cui il presidente dell’Authority Raffaele Cantone, per la prima volta, vede la luce in fondo al tunnel del malaffare. A suo parere quello che emerge è “un quadro preoccupante ma non devastante. È un fenomeno (la corruzione, ndr) che può essere ridimensionato e riportato ai binari fisiologici di una normale burocrazia”.
Basterebbe questo per far capire come la musica sia cambiata con l’avvento dei pentastellati eppure nelle parole del presidente Anac c’è molto di più, infatti, negli ultimi anni si sta affermando una “corruzione pulviscolare” dove “il funzionario si accontenta di farsi pulire il giardino” piuttosto che chiedere la Luna come accadeva ai tempi di Tangentopoli. Si tratta di una “corruzione diversa anni luce” da quella degli anni ‘90 perché quella odierna si basa su piccole mazzette che per Cantone possono essere “aggredite sia con misure repressive che con quelle preventive”.
Ma c’è di più perché a chi gli chiedeva un parere sull’aumento delle pene contro gli evasori fiscali, ossia la misura preannunciata dal premier Giuseppe Conte e dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha tagliato corto spiegando che: “È giusto dare un segnale contro l’evasione, che è strettamente legata alla corruzione e che è un danno per tutti. Va bene inasprire le pene ma non è solo con le manette che si vince l’evasione, così come la corruzione”.
ADDIO MAZZETTE. Insomma per il Paese, la situazione sembra migliorare. Eppure il report è tutt’altro che generoso perché dimostra come la strada intrapresa sia quella giusta anche se il lavoro da fare resta ancora tanto. Negli ultimi tre anni, infatti, sono stati 117 gli arresti per corruzione. Calcoli alla mano si tratta del non invidiabile risultato di un caso a settimana. Ma le recenti innovazioni nella lotta a questo spiacevole fenomeno, unite alle frequenti operazioni della Finanza, hanno portato a quella che l’Anac definisce la “smaterializzazione della tangente”.
In altre parole alle classiche mazzette, tutt’ora il metodo più usato e che è risultato ricorrere nel 48% dei casi presi in esame, sono in forte calo per le difficoltà “di occultamento delle somme illecitamente percepite”. Al loro posto, nel 13% degli episodi analizzati, i corrotti hanno preferito chiedere e ottenere l’assunzione di coniugi, congiunti o soggetti da loro indicati. Un altro sistema di pagamento che si sta imponendo al posto delle tangenti è quello dell’assegnazione di prestazioni professionali (11%), specialmente sotto forma di consulenze, spesso conferite a persone riconducibili al corrotto o in ogni caso a soggetti compiacenti. Sostanzialmente stabili, invece, le regalie che sono presenti nel 7% dei casi esaminati.
DATI ALLARMANTI. Proprio come ribadito più volte dal Movimento, di passi in avanti ne sono stati fatti tanti ma la guerra non è ancora finita. Ed effettivamente non si può dar loro torto perché dall’analisi dell’Anac emerge come la maggior criticità resta quella dei bandi pubblici. Dei 117 casi presi in esame, 61 riguardano le gare d’appalto assestandosi sul 40% del totale. A seguire, con solo 20 episodi rilevati (pari al 18%), ci sono gli affidamenti diretti. Ben più allarmante è il dato della Sicilia che conta 28 casi, appena uno in meno di tutte le regioni del Nord unite.