Quasi tutti minorenni, tra i tredici e i diciassette anni, nazisti, simpatizzanti dei terroristi dell’Isis e con qualche insana curiosità anche per la pedopornografia. Una rete dell’orrore quella scoperta dai carabinieri, costruita attorno a un gruppo WhatsApp a cui è stato dato il nome inquietante The Shoah Party. Una vicenda venuta alla luce con 25 perquisizioni compiute martedì scorso dai militari.
L’INCHIESTA. Le indagini sono partite dopo la denuncia presentata a Siena dalla madre di un ragazzino. La donna aveva riferito di aver scoperto nello smartphone del figlio 13enne video pedopornografici. Gli investigatori hanno iniziato così a compiere accertamenti, identificando i partecipanti alla chat e gli organizzatori, appurando che si scambiavano video a luci rosse, immagini pedopornografiche, scritte inneggianti a Adolf Hitler, Benito Mussolini, all’Isis e postavano frasi choc contro migranti ed ebrei.
Una rete che sarebbe stata creata e gestita da due 15enni di Rivoli, alle porte di Torino. Alla fine gli indagati sono stati 25, dei quali solo nove maggiorenni e di età compresa tra i 18 e i 19 anni. Sei ragazzini di 13 anni, non essendo imputabili, sono invece rimasti fuori dall’inchiesta. Per gli altri la Procura per i minori di Firenze ha ipotizzato i reati di detenzione e divulgazione di materiale pedopornografico e istigazione all’apologia di reato, avente per scopo l’incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali. All’alba di martedì sono così scattate le perquisizioni nelle abitazioni degli indagati, residenti in 13 province della Toscana, Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Puglia e Calabria.
LO SHOCK. Le foto circolate in tutta Italia sono state definite dai carabinieri “di una violenza inaudita, con scene di brutalità inenarrabile”. In un video si vede una neonata di nemmeno un anno seviziata da un adulto e in un altro una bambina di circa dieci anni mentre fa sesso con due ragazzini, forse poco più grandi di lei. “Se non fosse stato per quella denuncia della madre a gennaio – hanno specificato gli investigatori – l’indagine non sarebbe partita né a Siena né altrove. Perché un gruppo WhatsApp non conosce confini e quell’espressione degradante di malcostume ha interessato molte regioni d’Italia. Moltissimi ragazzini hanno potuto osservare le immagini di pedopornografia, di enorme violenza, di apologia del nazismo e dell’islamismo radicale che vi erano contenute”.
I carabinieri sono riusciti a fare luce sulla chat dell’orrore introducendosi con l’inganno in quel gruppo social e riuscendo a convincere gli amministratori della loro affidabilità con un giochetto da hacker. Hanno così scoperto anche che alcuni minori, entrati nel gruppo, ne sono presto usciti, prendendo le distanze dalle immagini e dai video terribili che circolavano. “Ma nessuno di loro risulta aver denunciato la cosa”, hanno sottolineato sempre i carabinieri. Ora la Procura per i minori dovrà decidere come procedere.