di Lapo Mazzei
«Credo che la Lega possa fare a meno di Umberto Bossi, purtroppo la colpa non è sua ma della malattia, di coloro che sono stati espulsi, il famoso cerchio magico e di qualcuno che è rimasto sempre nell’ombra». Questa volta per decifrare sino in fondo quel che sta accadendo sotto il cielo padano della Lega bisogna spingersi ai margini della prateria maroniana, dove le voci sono più chiare. Perché se stai troppo vicino a Roberto Maroni, nuovo signore e padrone del Carroccio, fortemente impegnato a riallacciare la trama di un discorso amoroso con Silvio Berlusconi, spezzatosi prima dell’ultima tornata elettorale (le politiche sia chiaro, non certo le amministrative) rischi di sentire solo l’e- co delle parole dell’ex ministro dell’Interno. Per questa ragione è importante registrare quanto va sostenendo il segretario emiliano del Carroccio Fabio Rainieri. È lui infatti il primo leghista che rompe in modo così esplicito il tabù del carisma del Senatur, vacillante da quando il segretario federale Roberto Maroni ha avviato il repulisti in seno al gruppo dirigente: «Ho voluto un gran bene a Bossi – spiega – mi sono innamorato delle sue idee politiche vent’anni fa ma dal momento della malattia non è più stata la stessa persona, quella persona dura che sapeva darci sicurezza». Insomma, il Senatur si trova costretto in una situazione che gli impedisce di manifestare il suo pensiero: «Quando è da solo è Umberto Bossi ma quando rilascia quelle dichiarazioni, così come ha fatto in questi mesi, fa quello che chiedeva di non fare ad altri e credo che vada punito anche lui». Vecchio leader sempre più isolato Le voci apertamente critiche verso il fondato- re della Lega si stanno moltiplicando, a partire dalla riunione di tutti gli eletti del movimento (a porte chiuse) nella quale, stando a quanto filtrato, sarebbero volate parole molto critiche verso le accuse di tradimento lanciate da Bossi a Maroni. Il tutto aggravato dalla mediocre performance del partito alle ultime elezioni amministrative, nelle quali il Carroccio ha perduto una roccaforte come Treviso che governava ininterrottamente da ormai vent’anni. Certo, non tutti sono così netti e categorici come il segretario emiliano (che forse trova un aiuto nell’operare al di sotto della linea del Po) ma anche i pontieri iniziano a scrutare l’orizzonte con un nuovo cannocchiale. «La situazione nella Lega è molto più semplice di come viene dipinta» spiega il vice presidente dei deputati Gianluca Pini. «L’altro giorno si è voltato pagina, è stato uno spartiacque: si son messe delle regole di rispetto reciproco tra i vertici e si è chiesto a Maroni, pur oberato dall’impegno di presidente della Lombardia, di non lasciare la guida del Carroccio. Ma se qualcuno si è fatto prendere dal sacro fuoco, evocando la parola espulsione per il fondatore Umberto Bossi, beh, io gli direi: abbassiamo i toni. Intendiamoci, il riferimento era a quello che sarebbe successo, con Bossi capo, ove qualcuno avesse usato le parole da lui usate ultimamente. Ma, in ogni caso, sono stato io a chiedere a Maroni una dose di sana cattiveria nel senso di far rispettare le regole. E Bobo ha detto una cosa saggia: non saranno tollerati comportamenti lesivi del movimento». Dunque non resa dei conti ma ritorno all’antico, quando il verbo era dettato dal capo e “disciplina” era una condizione essenziale per far parte del movimento. Un po’ come i grillini, anche se con i riti e liturgie tipiche di un partito, ammesso che la Lega lo sia mai stato veramente. «L’ultima cosa che vorrei» spiega Pini «è l’espulsione di Bossi. Di sicuro un movimento come il nostro ha bisogno che tutti remino nella stessa direzione. Quello che non sarà più accettato è che qualcuno spinga in direzione contraria. Poi, essendo stato fra i primi a criticare Bossi leader, sono uno che si augura che mai il nome di Bossi si separi da quello della Lega. Se poi dovesse remare contro, sarà il segretario federale a prendere le decisioni. Ma mi auguro che non accada». Il rapporto con Berlusconi È evidente che la partita è tutta nelle mani di Maroni. E proprio per questa ragione Berlusconi, legato al Senatur sia politicamente che umanamente, ha deciso di sondare Bobo in modo da evitare bruschi strappi e fughe in avanti di coloro che vorrebbero rompere con questo Pdl e con la Forza Italia che verrà. «Visto che c’è il presidente Berlusconi vorrei concludere facendo un appello da amico interessato: se tutte le Regioni applicassero i costi standard della Lombardia in Sanità, risparmieremmo 30 miliardi di euro», ha detto il governatore della Lombardia, alla presenza dello stesso Cavaliere, inaugurando una casa di cura a Pontida. «C’è la legge sul federalismo fiscale con la norma dei costi standard che deve essere attuata: siete al governo, la legge c’è, applicatela» ha spiegato Maroni a Berlusconi. Al di là del contenuto ciò che conta è il messaggio: se tu fai una cosa per me, io faccio qualcosa per te. E di questi tempi il Cavaliere non può certo rinunciare a un alleato come il suo ex ministro dell’Interno. Per la Lega si vedrà. Perché lo stesso Maroni, ieri mattina, non ha esitato ad attaccare il Pdl: «Il pagamento della prima rata dell’Imu, anche se solo per le seconde case, è il primo imbroglio che viene svelato». Un affondo che ha trovato la dura reazio- ne di Renato Brunetta: «A cosa si riferisce il bravo governatore della Lombardia, Roberto Maroni, tutto preso dal dirimere le beghe del suo partito e fare la conta dei presenti (o degli assenti) all’assemblea degli eletti della Lega Nord, quando parla delle bugie sull’Imu?» ha chiesto retoricamente il capogruppo del Pdl alla Camera. «L’impegno era a stoppare il pagamento di giugno sulla prima casa, per poi eliminarla del tutto, sempre sulla prima casa, nell’ambito di una più ampia riforma della tassazione sugli immobili in Italia. E l’impegno è stato mantenuto». Come sempre, Berlusconi dovrà mettere una pezza anche su questo ennesimo strappo. Sempre che vengano trovati ago e filo adatti…