“Oggi il Movimento 5 Stelle è in una fase di transizione, di trasformazione da movimento in partito. Ovvio che possa commettere errori. Rimane pur sempre l’unica novità politica in Italia degli ultimi 50 anni. Il suo più grande merito? Offrire una modalità di protesta contro il sistema che non sfociasse nella violenza”. A dirlo è il sociologo Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro all’Università La Sapienza di Roma.
Il M5S ha compiuto 10 anni. Come giudica il suo cammino e l’attuale fase?
“Il M5S è un movimento. Tutti i partiti cominciano come movimento ma non tutti riescono a diventare partito. Quando c’è un problema sociale forte, impegnativo, le persone cominciano a darsi da fare, a muoversi: questa è la fase movimentista. Poi i movimenti assumono una loro struttura e si trasformano in partiti. Il M5S è in questa fase di trasformazione: è un esempio lampante di un movimento che diventa istituzione. Un fenomeno, questo, oggetto di numerosi studi da parte dei sociologi”.
Quali gli errori compiuti?
“Un movimento va avanti per tentativi, non ha una leadership precisa, neanche un obiettivo ben definito. Poi man mano si deve dare obiettivi e una leadership formale, deve stabilire strategia e tattica. Le decisioni, le riorganizzazioni, le polemiche interne, le scissioni fanno parte di questa fase critica di trasformazione. Il M5S sta dandosi strutture e comportamento propri di un partito. Ovvio che in questa fase intermedia faccia errori. Colpisce alcuni bersagli, altri non ce la fa a centrarli. è del tutto prevedibile sociologicamente”.
Quali i meriti?
“Il M5S è l’unica novità politica in Italia degli ultimi 50 anni. Il merito maggiore è quello di aver dato una casa comune a tutti quelli che non erano contenti dello status quo e che volevano lottare e impegnarsi per modificarlo e non trovavano corrispondenza nei partiti presenti sullo scacchiere italiano. Il merito è stato offrire una modalità di protesta contro il sistema che non sfociasse nella violenza”.
Questa trasformazione può avvenire senza perdere l’identità originaria?
“La differenza è che quando un movimento è scontento della realtà protesta, quando lo è un partito fa proposte, progetti”.
Il matrimonio col Pd era inevitabile?
“Assolutamente sì. Quello precedente con la Lega era sbagliato. Il M5S era un movimento in cui sono confluiti in percentuale notevole gli operai, i disoccupati, ovvero il mondo del Pd. Al momento delle elezioni delle politiche scorse ha votato per il M5S il 37% degli insegnanti, il 37% degli operai, il 38% dei disoccupati e uno su tre degli iscritti alla Cgil. Nei Cinque Stelle la componente maggiore è di sinistra e non di destra. Più logica l’accoppiata col Pd di quanto non fosse quella con la Lega. Fu Matteo Renzi, allora, che non volle fare l’alleanza col M5S. Oggi ha cambiato idea”.
Il governo con Matteo Salvini un’esperienza da bocciare?
“Stava diventando un abbraccio mortale. Che ha portato il M5S a vedere dimezzati i propri consensi, mentre Salvini ha visto raddoppiare i suoi”.
Il M5S sta per darsi una nuova organizzazione. Che ne pensa?
“La struttura di un movimento è diversa da quella di un partito. E’ giusto che se vuole diventare un partito il M5S debba darsi una struttura diversa. Uno di loro dovrebbe occuparsi solo dell’organizzazione. Luigi Di Maio è il capo politico ma nel governo precedente era anche vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Ora è capo politico e ministro degli Esteri. Occorrerebbe che una persona della qualità e della statura di Di Maio fosse addetta solo all’organizzazione del Movimento. Come il Pd ha Nicola Zingaretti che riveste solo l’incarico di guida politica”.
Ritiene importante che vada avanti il dibattito sui diritti civili: ius culturae e fine vita in primis?
“Sono entrambi temi primari. Occorre procedere. Quello che ritengo sbagliato è invece il taglio dei parlamentari”.
Eppure il M5S ne ha fatto una sua bandiera…
“Non è detto che debba indovinarle tutte. Per me il taglio dei parlamentari è un errore storico. Prima andavano fatte le riforme che l’accompagnassero e non viceversa. Trovo poi paradossale ridurre gli eletti e contemporaneamente voler aumentare la platea degli elettori con l’estensione del voto ai 16enni. Insegno da tempo per sapere che i 16enni di oggi sono molto meno maturi di quelli di 40 anni fa”.
La prossima manovra vuole irrobustire le misure per la famiglia. Ritiene sia la direzione giusta?
“E’ una delle cose da fare in Italia, dove è bassa la natalità. E’ anche vero che ho visto una ricerca recente in cui si rileva che solo il 20% dei giovani non fa figli per motivi economici, il resto non li fa per altri motivi. Per esempio una donna per motivi di carriera. Prima si facevano molti figli perché era alta la mortalità infantile. Ad ogni modo gli aiuti alle famiglie sono sempre i benvenuti”.