Per dirla con Luigi Di Maio, è il primo vero test della maggioranza giallorossa. Ma sull’Ok al taglio da 945 a 600 del numero dei parlamentari, non sembrano più esserci dubbi. L’unica sorpresa, semmai, quando oggi la Camera tornerà a riunirsi per la quarta e ultima votazione della riforma costituzionale targata M5S e che porta la firma dell’ex ministro e attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro (nella foto), potrebbe arrivare proprio dai numeri. Visto il corri corri generale ad intestarsi una riforma su cui dopo il Pd e Italia viva, che avevano finora votato contro, e persino Forza Italia, favorevole nelle prime due votazioni salvo cambiare idea alla terza, si sono esibiti nell’ultima inversione ad U.
Durante la discussione generale di ieri a Montecitorio, del resto, hanno preannunciato il voto favorevole non solo le forze di maggioranza che sostengono il Governo: M5S, 216 deputati; Pd 89; Leu 13 e Italia viva 26. Totale: 344 sì. Ma non è tutto. Ai voti della maggioranza, sempre stando alle dichiarazioni ufficiali in Aula, si aggiungeranno quelli di Forza Italia (99 deputati) e Fratelli d’Italia (34). Altri 133 sì che dovrebbero portare a 477 l’asticella dei voti favorevoli alla riforma. Di fatto resta contraria solo +Europa. Quanto alla Lega, che ieri ha disertato i lavori di Montecitorio, ufficialmente per protesta contro l’assegnazione del reddito di cittadinanza all’ex brigatista Saraceni.
Ma dando per buono quanto più volte ribadito dal leader, Matteo Salvini, anche il voto del Carroccio, già a favore nelle prime tre votazioni, sarebbe scontato. Se così fosse, i sì salirebbero a quota 601. Numeri a cui potrebbero aggiungersi i voti favorevoli di alcuni deputati del gruppo Misto (i 6 deputati totiani, i 3 del Maie, ed è probabile anche il sì dei 4 deputati delle minoranze, con cui la maggioranza sta trattando per un accordo). Insomma, si preannuncia un vero e proprio plebiscito. Numeri a parte, però, è il dato politico a contare. Ossia la tenuta della coalizione che sostiene il Governo.
Blindata, almeno sulla carta, dall’accordo messo ieri nero su bianco, dal documento sottoscritto dai capigruppo della maggioranza che hanno raggiunto l’intesa sulle riforme collegate al taglio dei parlamentari: l’impegno sulla modifica delle legge elettorale e i contrappesi costituzionali.