di Stefano Sansonetti
I banchieri hanno definitivamente espugnato l’Assonime. Più interessati a fare lobby attraverso centri di potere che a concedere prestiti, gli istituti di credito hanno praticamente fagocitato l’Associazione fra le società italiane per azioni. Il risultato è che ormai le banche si trovano in mano un altro strumento di pressione da affiancare all’Abi, con dovizia di intrecci di ruoli. Due giorni fa, del resto, è stato nominato presidente di Assonime Maurizio Sella, che non solo è presidente di Banca Sella ma dal 1998 al 2006 ha guidato proprio l’Abi, l’associazione dei banchieri. E chi ha sostituito al vertice di Assonime? Luigi Abete, presidente della Banca nazionale del lavoro. Senza contare i nomi di coloro che occupano un posto nel consiglio direttivo dell’associazione: Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Roberto Nicastro, direttore generale di Unicredit, Alessandro Profumo, presidente di Mps, Carlo Salvatori, già in Intesa, Unicredit, e Mediobanca e ora presidente della controllata italiana della banca d’affari francese Lazard, Enrico Salza, ex presidente del consiglio di gestione di Intesa, Gabriele Galateri di Genola, ex presidente di Mediobanca oggi al vertice di Generali, Pierluigi Stefanini, presidente del gruppo bancario-assicurativo Ugf. E ci si può anche fermare qui.
Crocevia di interessi
Di sicuro il mondo bancario continua imperterrito ad agitarsi per occupare poltrone in tutti i vari salotti e salottini italiani. E questo in un momento in cui gli stessi istituti di crediti sono stati accusati dalla Banca d’Italia. Rimangono ancora nella mente le parole spese dal governatore in occasione della ultime “Considerazioni finali”. “I prestiti alle imprese hanno rallentato nettamente nella seconda parte del 2011”, ha sottolineato Ignazio Visco, “e si sono contratti di circa 60 miliardi dall’inizio di dicembre dello stesso anno”. Un’imputazione dura, inasprita anche dal riferimento alla contrazione fatta registrare dai prestiti alle imprese.
Il ruolo dell’associazione
Ma cosa fa, esattamente, l’Assonime? In sostanza assiste le associate prestando servizi di consulenza su tutti gli aspetti più delicati della normativa fiscale e societaria. Al momento associa 508 tra società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata. Ci sono tutti i più grossi gruppi pubblici e privati. Soltanto nel 2011 sono entrati Fiat Industrial, Manifatture sigaro toscano, Salini, Total ed Erg. Nel suo organigramma, inoltre, trovano spazio dirigenti che vengono dalle file delle Autorità pubbliche. Tra i vicedirettori generali, tanto per fare qualche esempio, c’è Carmine Di Noia, ex responsabile Ufficio informazione mercati della Consob, la Commissione che vigila sulle società quotate (e quindi anche sulle principali banche), e ancora oggi consigliere di amministrazione di Borsa Italiana spa (che gestisce la Borsa di Milano nella quale sono quotati i medesimi istituti di credito). Ma c’è anche Ginevra Bruzzone, che dal 1991 al 2000 ha lavorato all’Antitrust. Un travaso di personale dalle istituzioni all’Assonime che, evidentemente, porta competenze. Ma attira pure l’attenzione dei banchieri. Senza contare che direttore generale dell’associazione, dal lontano 1999, è Stefano Micossi, economista che ha attraversato un po’ tutte le ultime fasi dalla storia dell’Assonime. Anche lui, peraltro, con le banche ha una discreta dimestichezza. Tutt’ora, infatti, occupa una poltrona come indipendente nel consiglio di amministrazione della Bnl. La stessa banca il cui presidente, Abete, ha guidato per anni l’Assonime prima di Sella. Da qualunque lato la si voglia vedere, l’associazione ormai sembra espressione del mondo bancario. Una sorta di Abi due.