L’inflazione che non converge ma si allontana dall’obiettivo del 2% e il rallentamento economico che persiste nel terzo trimestre con la Germania più vicina alla recessione tecnica. Senza contare le incognite geopolitiche che restano irrisolte: dal no-deal sulla Brexit al dialogo a singhiozzo tra Washington e Pechino che lascia irrisolta la sfida sui dazi.
E’ il contesto in cui il governatore uscente della Bce, Mario Draghi, ha deciso di riaccendere il bazooka per sparare 20 miliardi di euro al mese in vena all’economia europea. Una nuova politica di stimoli, come atto conclusivo del suo mandato a Francoforte, lasciata in eredità alla presidente, appena votata dall’Europarlamento, Christine Lagarde, al cui esordio guarda con perplessità e preoccupazione l’azionista di maggioranza relativa – il Movimento Cinque Stelle – del nuovo asse giallorosso su sui si regge il Governo Conte.
Una mossa che non è piaciuta affatto ai soliti falchi dell’austerity, tanto più indispettiti dalla decisione arrivata proprio in scadenza di mandato. Il rischio è che la Bce si ritrovi, dopo l’addio di Draghi, un Consiglio direttivo spaccato proprio nel periodo di massima tensione. Un rischio altissimo sui cui, peraltro, incombe un’incognita tutt’altro che secondaria. Riuscirà la Lagarde a reggere alle pressioni e a tenere acceso il bazooka? Si vedrà.