di Monica Setta
Non bastavano i commercianti arrabbiatissimi con il governo, adesso a scendere in campo sono anche le cooperative. Solo 8 su 10 resistono nel non licenziare ma 9 su 10 non prevedono miglioramenti del quadro macroeconomico e lanciano l’allarme, oltre che sull’annunciato aumento dell’Iva, anche sui ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione, sui difficili accessi al credito, sullo spread più alto al Sud e sul crollo dei consumi. Enrico Letta, dunque, è avvisato. “Chiederemo al governo di mettere in campo ogni misura possibile per non far salire l’Iva dal 21 al 22 per cento e per mantenere al 4 l’imposta sulle prestazioni delle cooperative sociali”, spiega Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative.
Il governo Letta aveva esordito sotto i migliori auspici…
“Questo non è mai stato il governo che volevamo, è stato salutato con entusiasmo solo perchė ha superato un immobilismo politico che rischiava di paralizzare l’economia. Abbiamo sostenuto con realismo i primi provvedimenti varati dall’esecutivo, come la sospensione dell’Imu o gli annunci sul piano per l’occupazione giovanile, ma siamo nettamente contrari all’aumento dell’Iva che avrebbe l’effetto di deprimere in modo grave i consumi in una fase già delicata di crisi. Ciò che ci preme maggiormente poi è il mantenimento dell’Iva per le prestazioni di servizi socio sanitari ed educativi resi dalle coop sociali al 4%. L’aumento dal 4 al 10 sarebbe devastante e aumenterebbe il clima generale di incertezza. Sarebbero infatti tagliati i servizi ad almeno 500mila persone che rappresentano le fasce più deboli della popolazione”.
In Italia ci sono 12 mila cooperative sociali e consorzi che occupano quasi 400 mila addetti e raggiungo con i loro servizi oltre 6 milioni di cittadini. Quali sono le prospettive economiche da qui al 2014 per il settore?
“La nuova flessione dei livelli produttivi registrata nei primi 4 mesi del 2013 allunga purtroppo la fase recessiva. Le offro un dato significativo: soltanto una cooperativa su 10 segnala un aumento della domanda e degli ordini. L’export tira ma non è sufficiente a compensare la prolungata depressione della domanda interna. Il volume dei ricavi, poi, è aumentato solo per 2 cooperative su 10, peggiora per 3 mentre ė stabile per 5. E la liquidità non accenna a migliorare, addirittura peggiora per 3 cooperative su 10. Le condizioni di offerta sul fronte del Credit sono sempre più rigide e selettive mentre lo spread procede a due velocità fra nord e sud”.
Come dire che l’ottimismo è proprio da accantonare?
“Il “sentiment” sul futuro del sistema Italia è sempre in zona negativa. Nove cooperative su 10 non prevedono miglioramenti per l’anno prossimo mentre 4 su 10 attendono un peggioramento. Per questo ė essenziale che il governo agisca subito per ricostituire la liquidità favorendo nuove misure per la capitalizzazione e l’accesso al credito dando il via al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, incentivando i consumi e riducendo la pressione fiscale sul lavoro. Accogliamo con soddisfazione che nelle sedi europee cresce la consapevolezza sul ruolo assunto dalla cooperazione. Ci auguriamo tuttavia che anche in Italia Parlamento e istituzioni maturino la stessa sensibilità. E sostengano l’economia cooperativa che anche nella crisi ha dato prova di maturità e di tenuta sociale ed economica sui territori. Ma la cosa più importante, a mio avviso, è lavorare insieme per costruire un’Europa che rappresenti un’opportunità e non un vincolo dando vita a un welfare più moderno, più inclusivo e più sostenibile dove la cooperazione, così come ha ricordato il premier Letta, svolge già un ruolo importante.