Mentre si procede a grandi passi verso il Conte 2, il Movimento vive oggi una delle sue giornate più lunghe. Dopo aver più e più volte detto che mai ci si sarebbe alleati, dopo aver ceduto alle lusinghe leghiste, oggi il voto su Rousseau dirà se il Movimento andrà al Governo col Pd di Nicola Zingaretti. E, a far da cornice al voto, per la prima volta sono più che visibili divisioni interne. “D’altronde – spiegano fonti interne ai 5S – è inevitabile quando la spaccatura c’è già al vertice…”. Il riferimento, spiegano i ben informati, è alle divergenze tra Beppe Grillo e Davide Casaleggio che in questi giorni hanno avuto idee nettamente differenti sul da farsi, col primo esplicitamente favorevole all’alleanza di legislatura col Pd e il secondo, invece, più propenso al voto anticipato dopo lo smacco leghista.
Ed è per questa ragione che Luigi Di Maio ha dapprima cavalcato l’ipotesi del voto. Poi, però, il garante ha parlato, ha riconquistato il suo elettorato, ha convinto i più scettici e, da animale da palscoscenico, si è ripreso scena e consensi. Facendo capitolare lo stesso Di Maio che si è arreso e ha cominciato fattivamente a lavorare col Pd. “Col risultato – spiegano dall’entourage pentastellato – che, da personaggio politico caduto in disgrazia, ha riconquistato la fiducia di tanti”. E questo perché le varie richieste, al rialzo, del Movimento sono state tutte accolte dal Pd: sia su Conte premier che sul programma. E non è passato inosservato agli occhi degli attivisti anche il sacrificio dello stesso Di Maio, che non ha ceduto alle lusinghe leghiste che gli avevano offerto la presidenza del Consiglio. Un passo di lato per farne fare uno avanti al Movimento.
C’E’ CHI DICE NO. Questo non vuol dire, però, che all’interno tutti la pensino allo stesso modo. In tanti, infatti, avrebbero preferito il voto anticipato. Su tutti Alessandro Di Battista e Gianluigi Paragone. Non a caso, il primo non si è sbottonato sul voto di oggi su Rousseau riguardo all’alleanza di Governo col Pd; il secondo ha dichiaratamente detto che voterà no all’esecutivo giallorosso. E il motivo, raccontano alcuni, sarebbe da ricercare nel fatto che Di Battista, con le urne anticipate, avrebbe potuto candidarsi con un ruolo di primo piano, considerando anche una potenziale bruciatura di Di Maio come leader del Movimento. Non è un mistero, invece, che Paragone preferisca da sempre il Carroccio ai dem.
Le urne anticipate sarebbero state uno scenario preferibile anche per Vito Crimi (che difficilmente avrà un ruolo nel nuovo esecutivo) e per Paola Taverna che, tuttavia, essendo una fedelissima di Grillo, ha fatto parziale marcia indietro dopo le parole del garante M5S. Senza dimenticare la fronda – oggi sempre più minoritaria e ininfluente – di coloro che dichiaratamente hanno espresso la volontà di accogliere a braccia aperte il figliol prodigo Matteo Salvini, come detto giorni fa da Stefano Buffagni.
C’E’ CHI DICE SI. Molto più ampio, invece, il fronte di chi si è speso per questa maggioranza o ha espresso parere favorevole. Da Virginia Raggi a Chiara Appendino, fino all’ala che non ha mai disprezzato il dialogo con i dem e che fa riferimento a Roberto Fico. Senza dimenticare, ancora, i senatori Primo Di Nicola e Stanislao Di Piazza che pubblicamente in questi giorni hanno aperto al Pd. Ma l’exploit si è avuto ieri, con altri esponenti di prim’ordine che hanno dichiarato apertamente il voto a favore su Rousseau: da Vincenzo Spadafora a Manlio Di Stefano, da Alberto Airola a Carlo Sibilia fino a Ettore Licheri.