Chi sta assistendo in prima persona alla formazione del Governo giallorosso, assicura che, al di là di qualche dichiarazione scomposta e dei malumori di qualcuno (anche all’interno dei Cinque Stelle) per il voto su Rousseau, a Palazzo Chigi Pd e pentastellati stanno lavorando a pieno regime, con la convenzione che quest’esecutivo si farà. “Se con la Lega – spiegano fonti governative vicine ai 5 Stelle – bisognava parlare solo con Salvini, qui la quadra è da cercare con le varie correnti dem”. Ed è su questo che si è concentrata l’opera di mediazione di Giuseppe Conte. Con una soluzione che sarebbe più vicino di quel che si pensi.
Partiamo dalle riconferme. Giulia Grillo resterà alla Sanità. E, come lei, anche Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede: sui due fedelissimi è stato lo stesso Luigi Di Maio a pretendere la loro presenza nell’esecutivo. A proposito del leader politico M5S: tramontata definitivamente l’idea di due ministeri più il vicepremierato (c’è a riguardo il veto granitico di Nicola Zingaretti), il leader politico M5S starebbe pensando alla Difesa, tema caldo e prioritario per i pentastellati. In alternativa, Di Maio potrebbe andare alla Farnesina. L’intenzione – dicono i ben informati – è fare di Di Maio garanzia dell’alleanza atlantica. E in questo scacchiere potrebbe giocare un ruolo prioritario l’avvocato Vito Cozzoli, capo di gabinetto voluto dallo stesso Di Maio al ministero del Lavoro e molto legato al mondo statunitense (è dal 2013 presidente dell’associazione “Amerigo” che ha sede presso l’ambasciata Usa a Roma, ed è membro del Cda del Centro Alti Studi Americani).
Ed è per questa ragione che anche Sergio Mattarella, che considera il ruolo della Farnesina fondamentale in chiave geopolitica, accetterebbe Di Maio in quel ruolo. Ovviamente a seconda della casella che verrà assegnata a Di Maio, il quadro ultimo potrebbe cambiare. Resta in piedi, ad esempio, l’ipotesi per la quale se Di Maio dovesse andare alla Difesa, gli Esteri potrebbero essere assegnati proprio a Elisabetta Trenta, anche se sta provando a guadagnare punti anche Lia Quartapelle. Unico problema per alcuni: è renziana. E nell’intricato puzzle di Governo che deve tener conto anche di tutte le correnti dem, un ruolo da ministro già spetterebbe a Lorenzo Guerini che, nella partita degli accordi, ha giocato un ruolo-chiave insieme a Vincenzo Spadafora (che dovrebbe restare sottosegretario a Palazzo Chigi). Ma per far quadrare i numeri c’è da soddisfare anche le richieste di Leu ed ecco perché il nome della ex presidente di Legambiente, Rossella Muroni, andrebbe più che bene visto il programma green voluto sia da Pd che da M5S. In quest’ottica è molto probabile che Sergio Costa, molto apprezzato dall’elettorato pentastellato e non solo, venga candidato alle regionali in Campania l’anno prossimo.
TECNICI E FEDELISSIMI. Ma non è tutto. Per garantire un lavoro più puntuale (e anche per soddisfare tutte le svariate richieste di maggioranza) quel che pare è che il Governo subirà un allargamento: saranno scisse Politiche agricole e Turismo e ci sarà un ministro ad hoc anche per il Digitale. Quest’ultimo ruolo sarà senz’altro assegnato a un pentastellato: è molto caldo il nome dell’attuale sottosegretario alla Funzione pubblica Mattia Fantinati: stimato sia da Di Maio che dal Pd, potrebbe prendere il posto di Giulia Bongiorno o andare ad occupare una delle due nuove caselle: Digitale o Turismo. Ci sono poi le caselle riservate ai dem con Dario Franceschini certo di un ruolo (forse ai Beni Culturali; in alternativa c’è anche Anna Ascani).
A garantire Zingaretti, però, saranno i due vicepresidenti del Pd: Paola De Micheli (al Mise) e Andrea Orlando (si pensa anche al ruolo di sottosegretario di Conte). Restano, poi, i ministeri sensibili, su cui l’ipotesi più quotata è quella di piazzare tecnici. All’Economia la battaglia è tra Dario Scannapieco (dato in netto vantaggio) e il ragioniere dello Stato Daniele Franco. Sullo sfondo, però, resta Lucrezia Reichlin, che potrebbe rientrare in partita per una questione di parità di genere. Se alla fine invece si dovesse andare su un volto politico il nome più quotato (e che non dispiacerebbe neanche ai 5 Stelle) è quello di Antonio Misiani. Discorso simile al Viminale per il post-Salvini: tramontata l’idea di Mario Morcone (ritenuto troppo immigrazionista), prende corpo la carta Franco Gabrielli che, tuttavia, non convince la segreteria dem perché ritenuta una “opzione renziana”. Zingaretti spinge per un ritorno di Marco Minniti, idea che non dispiacerebbe ai 5 Stelle nell’ottica di una rivisitazione (graduale e moderata) dei decreti Sicurezza.