di Valeria Di Corrado
L’incompiuto resta il capolavoro italiano. Nella galleria d’arte delle opere pensate, progettate, finanziate e poi lasciate per anni in standby c’è anche il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri). L’arma per la lotta alle ecomafie doveva entrare in vigore a luglio del 2010, per sostituire il sistema cartaceo con un controllo digitale trasparente ed efficiente. Da allora, invece, il lancio del sistema è stato rinviato ben 8 volte. L’ultima data utile era quella del 30 giugno 2013. Poi, però, è intervenuto un decreto ministeriale (uno degli ultimi lasciti di Corrado Clini) che ha fatto slittare ulteriormente la partenza al prossimo primo ottobre. E le parole dell’attuale ministro allo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, non fanno ben sperare per il futuro: “Il Sistri va semplificato, per far sì che non rappresenti un ostacolo ingiustificato all’attività imprenditoriale”.
Rinvii dopo rinvii
Progettato dall’ex ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio, sotto il governo Prodi, trova il suo primo approdo normativo nella legge del 27 dicembre 2006. La realizzazione del sistema è finalizzata “alla sicurezza nazionale e alla repressione dei gravi fenomeni di criminalità organizzata, in ambito di smaltimento illecito dei rifiuti”. Il Sistri arriva a uno stato avanzato con il successivo governo. Il 5 settembre del 2008 l’allora premier Berlusconi firma un decreto che pone il segreto di Stato sul progetto, giustificandolo con il fatto che si stava impiegando una “avanzatissima tecnologia militare”. La legge n.102 del 3 agosto 2009 affida al Ministero dell’Ambiente la realizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti speciali e di quelli urbani, limitatamente alla Regione Campania, attraverso uno o più decreti che dovranno stabilire tempi e modalità di attivazione. Solo però il 14 dicembre 2009 il dicastero stipula un contratto con la “Selex Service management”, società del gruppo Finmeccanica. Più di un anno dopo dalla data in cui Berlusconi aveva posto il segreto, senza che esistesse sulla carta un progetto esecutivo. Tale contratto prevede (la scadenza è fissata nel dicembre 2014), che per la realizzazione del Sistri, la sua manutenzione, nonché la fornitura ad aziende e trasportatori dei due marchingegni che assicurano la tracciabilità dei rifiuti (chiavette usb per il carico dei dati e “black-box” da montare sulle motrici dei camion), la Selex incassi a regime dal Ministero dell’Ambiente una quota fissa da 28 milioni di euro l’anno e una quota variabile, stimata tra i 65 e i 70 milioni, costituita dai versamenti di imprese e trasportatori (circa 400 mila soggetti) per l’iscrizione obbligatoria al sistema. D’altro canto però l’accordo prevede che se il Sistri non dovesse mai vedere la luce, gli investimenti in reti e software resteranno per intero a carico delle casse pubbliche e delle tasche private. A maggio 2011 il cosiddetto “click day”, il collaudo generale del sistema, è deludente. Un terzo delle imprese coinvolte registra malfunzionamenti delle apparecchiature elettroniche.
Indagine della Procura
Nel 2011 parte anche un’indagine della procura di Napoli in merito all’aggiudicazione del progetto. Lo scorso 17 aprile arrivano 22 provvedimenti di custodia cautelare. Sabatino Stornelli, amministratore delegato della Selex Service Management, viene arrestato, mentre Carlo Malinconico, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, finisce ai domiciliari con l’accusa di corruzione. In qualità di presidente di una commissione tecnica del ministero dell’Ambiente sul Sistri, avrebbe dato un parere determinante per l’affidamento degli appalti a Selex e, secondo le indagini, sarebbe stato ricompensato con 500 mila euro versati a titolo di consulenze mai avvenute. Anche la “DigitPa” (ente nazionale per la digitalizzazione della pubblica amministrazione), dopo una ricognizione fatta nel 2012, conclude che le scelte eseguite per il Sistri non sono compatibili con i principi di trasparenza. E il 13 febbraio di quest’anno ribadisce come sia “auspicabile un sollecito riavvio del sistema, anche in considerazione del fatto che il perdurare dell’inoperatività provoca un progressivo disallineamento delle informazioni rispetto alla realtà che continua ad evolvere”. Tradotto: se si continua con queste proroghe sarà tutto da rifare daccapo. Il gusto tutto italiano dell’imperfetto, o meglio, dello spreco.