Ancora una volta la giustizia dà ragione a una Ong. Parlo della nave Open Arms, appartenente all’omonima Ong spagnola, che ha fatto tutto quello che non avrebbe dovuto fare, compreso il rifiuto di recarsi in un porto spagnolo che il governo di Madrid aveva messo a disposizione. Come riferiva ieri La Notizia, i magistrati inquadrano la Ong addirittura come vittima, restituiscono gentilmente la nave che era stata sequestrata e indagano su “ignoti” per eventuali reati, forse sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio.
Quella parola, “ignoti”, ha tutta l’aria di essere uno pseudonimo di Matteo Salvini. È vero che su certi magistrati c’è talvolta il fumus di un comportamento dettato da convincimenti o convenienze politiche. Ma è anche vero che il ministro dell’Interno in scadenza paga la sua incapacità di gestire la questione dei migranti con una visione a 360 gradi, con interventi giuridici appropriati sul piano nazionale e interventi diplomatici ben radicati sul piano europeo.
Piano europeo, dove Salvini ha sbagliato tutto quello che poteva sbagliare: invece di cercare alleati e amici, ha preferito litigare con tutti. Come ho scritto più volte sulle colonne di questo giornale, Salvini si è accontentato di gridare: “Porti chiusi! Non entreranno!” e non ha mai guardato un centimetro oltre il suo naso. E infatti poi ogni volta è finita male. Per lui e per noi. I clandestini sono sempre entrati e il grosso è rimasto sul groppone del nostro Paese.
Per esempio, i cento e passa migranti della nave Diciotti, che il Vaticano prese in carico nell’agosto del 2018, dopo pochi giorni erano già fuggiti tutti dall’alloggio di Rocca di Papa. E idem per tutti gli altri clandestini sbarcati a dispetto di Salvini. In alcuni casi ci sono stati Paesi europei che si sono offerti di prendere in carico quote dei migranti, ma poi, servendosi di sotterfugi e cavilli burocratici, non ne hanno preso neppure uno, con l’eccezione di 15 clandestini della Open Arms trasferiti in Spagna da una nave militare mandata da Madrid.
Intanto 48 ore fa i magistrati hanno fatto sbarcare circa la metà dei migranti a bordo della Mare Jonio, nave di una Ong italiana, che è ancorata a poche miglia da Lampedusa. Tempo qualche ora o al massimo due o tre giorni, e faranno sbarcare tutti gli altri, appellandosi ai motivi di “emergenza”, come è sempre accaduto in precedenza. L’unico successo di Salvini è quello di aver effettivamente ridotto per un certo tempo le partenze dalla Libia, perché il sapere che in Italia non c’erano più porte spalancate e tappeti rossi (quello che si chiama il “pull factor”, fattore di attrazione) ha scoraggiato i migranti.
Ma è durata poco: insuccesso dopo insuccesso, dalla Sea Watch di Carola Rackete in poi, le Ong hanno individuato la falla nel sistema difensivo salviniano, hanno aperto una breccia, la breccia è diventata un’autostrada e il “pull factor” si è rimesso in moto a pieno regime. Tra poco saremo invasi, e non sarà perché non c’è più Salvini al Viminale: al contrario, sarà per gli errori compiuti da Salvini al Viminale. L’illusione dell’uomo che fermava i clandestini è finita. È l’ultima sconfitta del leghista prima di lasciare il suo ufficio al ministero dell’Interno.