Capitano ma di sicuro non uno stratega. La toppa che ieri ha provato a mettere Matteo Salvini alla crisi di governo da lui innescata si è rivelata peggiore del buco. Anziché andare spedito verso nuove elezioni, sperando di aver messo il Movimento 5 Stelle con le spalle al muro acconsentendo al taglio dei parlamentari purché si torni alle urne, al muro è finito il leader della Lega. Il bluff del Carroccio è stato scoperto da Luigi Di Maio, che ieri sera ha sparato ad alzo zero contro l’ex alleato. Uscendo da Montecitorio, il vicepremier pentastellato ha affermato: “Oggi siamo alla mossa della disperazione. Vedere Salvini dire non possiamo tagliare i parlamentari e poi cambiare idea li porta in un cul de sac: se votano la sfiducia a Conte non possono tagliarli, se vogliono tagliarli non possono votare la sfiducia a Conte”. Sulla stessa posizione il capogruppo pentastellato Francesco D’Uva: “Siamo soddisfatti, portiamo in aula il taglio dei parlamentari, ma se la Lega aprirà la crisi la riforma non si potrà fare. Adesso la Lega dica cosa vuole fare”.
URNE LONTANE. L’ipotesi di nuove elezioni sembra farsi sempre più remota. “Non decide un partito, non decide un senatore se si va a votare. Lo decide il presidente della Repubblica”, ha aggiunto ieri sera sempre Di Maio. E a frenare sulla proposta di Salvini è stata anche Anna Macina, capogruppo pentastellata in commissione affari costituzionali alla Camera. “Non ci caschiamo – ha dichiarato l’onorevole. Se davvero la Lega vuole accettare la sfida di tagliare il numero dei parlamentari, ritiri la mozione di sfiducia al governo. Quale esecutivo seguirebbe in aula i lavori di riforma costituzionale? Un esecutivo sfiduciato? Ma soprattutto, Salvini sa bene che se approviamo la riforma, ed insiste nel chiedere il voto immediato, farebbe eleggere 945 parlamentari. Cioè quelli previsti dall’attuale articolo costituzionale. E il taglio dei parlamentari si avrebbe solo fra 5 anni”.
IL CALENDARIO. All’unanimità l’assemblea dei capigruppo alla Camera ieri ha fissato il calendario per la prossima settimana. Il prossimo 21 agosto il premier Giuseppe Conte, alle 11.30, interverrà a Montecitorio per dare delle comunicazioni sulla crisi di governo in atto. Un intervento a distanza di 24 ore da quello previsto al Senato. Il 22 agosto, il giorno successivo, sempre alla Camera è previsto il voto finale sulla riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari. Ma tale passaggio verrà compiuto soltanto se non ci sarà la sfiducia e quindi difficilmente. ”Quanto deciso oggi dalla conferenza dei capigruppo di calendarizzare per il 22 agosto l’esame del provvedimento del taglio dei parlamentari è pura teoria – ha precisato il capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio. Se c’è la sfiducia a Conte non è possibile nessuna calendarizzazione. Se Conte non riceverà la fiducia, come è logico che sia, vuol dire che non ci sarà più il governo e quindi neppure un’agenda parlamentare”. Ancora: “Da Salvini arriva l’ennesima pagliacciata: o ritira la fiducia a questo governo o non si potrà calendarizzare il taglio dei parlamentari. Esistono dei regolamenti che non possono essere violati. “.
SCENARI. L’ipotesi più probabile, secondo diverse fonti parlamentari, è quella che Conte si presenti martedì al Senato, intervenga e poi si rechi da Mattarella. E se questa sarà la strada che sceglierà il premier verranno automaticamente meno le comunicazioni alla Camera e con le dimissioni di Conte potrebbe appunto saltare l’Aula sulle riforme. La prossima settimana c’è da attendersi dunque tre giorni cruciali per il futuro della legislatura e del Paese. In un quadro ancora nebuloso.