Conte for president! Almeno per il 72,3% degli italiani che identifica ormai, il presidente del Consiglio (ancora) in carica, Giuseppe Conte, come il vero anti-Salvini. Prevedendo per lui un futuro da candidato premier del Movimento Cinque Stelle se e quando si tornerà al voto. Ipotesi che, secondo la maggioranza dell’elettorato grillino, non è la soluzione migliore alla crisi aperta da Salvini. Anzi, per il 68% del campione (802 interviste realizzate il 12 agosto) interpellato da Gpf Inspiring Research, la miglior risposta alla rottura della maggioranza inferta dalla Lega è quella di dar vita ad un nuovo Governo, di scopo, della durata massima di sei mesi per il 39,6% o, addirittura di legislatura, per il 28,4%. Verdetti sui quali, è bene precisare, non influisce il dibattito parlamentare svoltosi ieri al Senato essendo stato il sondaggio realizzato il giorno prima.
Ma andiamo con ordine. Come era immaginabile, cresce la fiducia nel presidente della Repubblica Sergio Mattarella (67%), protagonista e regista suo malgrado di questa delicata fase, e in modo più significativo quella nel premier Conte (59%). Crescita alla quale fa da contraltare la flessione di Salvini (sceso di 2 punti al 52%), peraltro, assolutamente fisiologica. Avendo aperto lui la crisi di Governo, il segretario della Lega ha segmentato l’opinione pubblica. Discorso a parte meritano i leader M5S e Pd.
Conte cresce più di Luigi Di Maio (47%). Specularmente al suo leader, fisiologico anche il calo della Lega al 32,1% (-1,3) e altrettanto scontata la crescita del Movimento Cinque Stelle che sale al 23,7% (+0,7), tenendo presente però che il calo del Carroccio è legato ai cosiddetti flotters, gli elettori fluttuanti, che non sono leghisti della prima ora, ma indecisi che, orfani della leadership di Berlusconi, hanno trovato nelle dichiarazioni politiche di Salvini una nuova casa. Una casa, tuttavia, ancora fragile, perché questi nuovi “inquilini” potrebbero riposizionarsi a seconda dell’offerta politica sia del Centrodestra che delle altre coalizioni.
Più articolata la situazione nel Partito democratico che sta vivendo una fase schizofrenica nella dicotomia Renzi-Calenda, con Nicola Zingaretti nel ruolo del mediatore che tenta di unire. Fatto sta che, con la crisi, non c’è stata un’esplosione di crescita nel Pd (+0,2% al 22,8). Un’altra occasione persa per fare opposizione: piuttosto che a Salvini o al Governo gialloverde, sembra che l’abbia fatta a se stessa, combattendo una guerra intestina che produce un risultato a somma zero.
IL FUTURO DI CONTE. Come detto, l’opinione pubblica non sembra avere dubbi sul destino di Conte, visto da oltre il 72% degli italiani come il futuro candidato premier M5S. Che la leadership di Di Maio non fosse super solida era evidente. Che Di Maio sia considerato da tutti da tutti, tanto nel Movimento quanto all’esterno, come capro espiatorio è un altro elemento di fatto. Ma paga anche un altro fattore: come la Boschi sta a Renzi, così Toninelli sta a Di Maio. è lui il ministro simbolo che debilita il leader: il fatto che Toninelli sia rimasto in carica, che una certa dirigenza sia rimasta tutta al pari dell’intera dirigenza, senza alcun avvicendamento nonostante la débâcle delle Europee, è il fardello che grava su Di Maio.
L’opinione pubblica chiede leader. E per i Cinque Stelle non può essere Grillo al quale l’elettorato riconosce un altro ruolo, quello di padre fondatore che ogni tanto interviene a rimettere in riga i suoi. Può esserlo invece, sicuramente, l’attuale presidente del Consiglio Conte. Ma cosa dovrebbe fare ora il Movimento Cinque Stelle per reagire alla crisi aperta da Salvini? Non c’è una risposta che stacca le altre nettamente. Questo perché il Movimento ha per sua natura una forma liquida, frastagliata e articolata sul territorio. Nel corso di questa esperienza di Governo abbiamo visto come ci sia stata una forte discrepanza tra la base degli attivisti e le linee politiche dettate dai vertici.
C’è una parte dell’elettorato M5S che vuole tornare al voto (il 18,4% senza derogare al limite dei due mandati e il 10,3% anche superandolo) soprattuto al Sud dove gran parte dell’elettorato non ha votato alle ultime Europee (15% di affluenza in meno rispetto alle Politiche 2018), anche se non è scontato che questi voti andrebbero tutti ai 5 Stelle. Allo stesso tempo c’è una parte significativa dell’elettorato M5S che chiede la nascita diun Governo di scopo (39,6%) per portare a compimento alcuni dei punti cardine del programma. Ma è chiaro che se queste posizioni rivelano l’esistenza di diverse anime nel Movimento – che nel Pd sono identificate con i rispettivi leader – nei 5 Stelle le distanze riguardano soprattutto il rapporto tra la base e classe dirigente.
NOTA METODOLOGICA. Vox Populi è il monitoraggio settimanale di Gpf Inspiring Research che descrive le tendenze e le opinioni degli italiani sui temi di attualità politica, economica, sociale e culturale. Audience: 802 interviste valide. Campione con estrazione casuale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne articolato per sesso, età, professione, ampiezza centri, livello di istruzione e orientamento politico. Estensione geografica: Intero territorio nazionale. Metodologia di rilevazione: Cati – Cami – Cawi. Periodo di rilevazione: 12 Agosto 2019
(L’autore dell’articolo è Presidente e Ad di Gpf Inspiring Research)