Tutti se ne sono interessati, a sinistra come a destra. Ma, di fatto, nessuno è riuscito definitivamente a risolvere il problema. Il che non è roba da poco considerando che la discarica di Malagrotta, nell’area di Valle Galeria alle porte di Roma, dal 1974 ha smaltito la quasi totalità dei rifiuti della Capitale. E lo ha fatto per quasi 40 anni, fino all’ottobre 2013 quando, con la giunta di Ignazio Marino, sono state interrotte le attività di conferimento dei rifiuti in discarica ma non il trattamento di buona parte dei rifiuti indifferenziati di Roma e dintorni.
Ed è per questa ragione che il presidente della commissione Ecomafie, Stefano Vignaroli (nella foto), uno dei pochi che in questa come nella passata legislatura si è occupato fattivamente della questione, ha presentato insieme ad altri 16 colleghi M5S, una mozione che impegna il Governo su alcuni punti fondamentali. “L’obiettivo – dicono – è porre fine il prima possibile alla vicenda della discarica più grande d’Europa, garantendone il pieno ripristino ambientale”.
AMBIENTE ABBANDONATO. Il problema, peraltro, non è solo ambientale ma anche economico. “A dispetto del lungo lasso di tempo trascorso dalla cessazione dell’attività della discarica di Malagrotta – si legge nell’atto visionato da La Notizia – la procedura di formale chiusura del sito (che si deve concludere con un provvedimento espresso) appare arenata, in quanto attualmente caratterizzata da un progetto di capping approvato nel 2017 ed ancora inattuato”. A concludere il progetto di capping, cioè di copertura finale della discarica, dovrebbe essere la Regione. E – ecco la questione economica – la cosa potrebbe esporre l’Italia al rischio di una nuova procedura d’infrazione, come di fatto emerso nelle settimane scorse. E mentre nessuno è di fatto riuscito a chiudere definitivamente il sito avviando le dovute bonifiche, gli studi fatti nel corso del tempo lasciano senza parole.
Come ricorda Vignaroli nella mozione, due esperti del Politecnico di Torino hanno evidenziato in una perizia “la dispersione di inquinanti in falda, già oggetto di segnalazioni ed esposti di abitanti e comitati locali da diversi anni, con contaminazione delle falde sotterranee”. I due esperti hanno stimato “un flusso di 9.738 metri cubi di percolato che si disperde in falda ogni anno”. Un quadro allarmante, dunque, considerato anche che oltre al sito di Malagrotta, nella stessa zona sono presenti “numerose altre attività industriali e impianti inquinanti”: dalla raffineria all’inceneritore di rifiuti ospedalieri fino a vari depositi e stabilimenti industriali.
GLI IMPEGNI. Da tale situazione emergenziale prende la mozione pentastellata. Gli impegni a cui il Governo è chiamato – se dovesse essere approvato l’atto – sono molto chiari: tra le altre cose, “verificare se sussistano i presupposti normativi necessari a dichiarare l’area della discarica di Malagrotta e tutte le aree inquinate dagli impianti presenti nella Valle Galeria, quale sito di interesse nazionale (SIN)” di modo da attivare immediatamente le procedure di bonifica. In subordine, i deputati chiedono di istituire “una cabina di regia” a Palazzo Chigi per coordinare i soggetti coinvolti nelle attività “di bonifica, messa in sicurezza e monitoraggio ambientale”. Necessario, ancora, sollecitare la Regione Lazio “affinché provveda al completamento dell’iter di chiusura della discarica”. Dopo oltre anni e anni di attesa e inquinamento, sarebbe il minimo necessario.