Il primo round, in attesa di vedere cosa accadrà in Aula al Senato domani quando arriveranno le mozioni dei vari gruppi parlamentari sul Tav Torino-Lione, è andato in scena ieri. Dopo che da mesi non si risparmiavano attacchi incrociati neanche tanto velati, si sono incontrati gomito a gomito alla presentazione del nuovo hub ferroviario di Rogoredo Milano. Da una parte il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, dall’altra il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Uno sguardo veloce, una stretta di mano formale, dopodiché silenzi e nulla più. Soltanto – e ancora – attacchi e accuse lanciati l’uno all’altro. Il primo a parlare è stato Toninelli che, poco dopo essere arrivato, ha subito replicato a Salvini che “il Governo non cadrà” su questo e che lui “può minacciare chi vuole”, ma che la mozione presentata dal Movimento 5 stelle per bloccare l’opera “impegna il Parlamento e non” l’Esecutivo. Inoltre Salvini “deve capire che non sta governando con Silvio Berlusconi ma con una forza politica che opera per il bene del Paese”.
Ma per Salvini l’Alta Velocità Torino-Lione, e il tema delle infrastrutture in generale, rimane un punto fondamentale dell’azione di Governo e l’ha sottolineato anche dal palco della conferenza stampa, proprio davanti al ministro Toninelli, che lui ha ribattezzato nelle scorse settimane il ministro “dei blocchi e dei no”. “C’è bisogno di treni veloci e sicuri – ha detto il vicepremier leghista – che sono un passo avanti verso il futuro e l’Europa”. Poi parlando con i giornalisti è tornato a dire che un voto del Parlamento contro il Tav “sarebbe un voto di sfiducia al premier Giuseppe Conte” e quindi al Governo, considerando l’apertura alla realizzazione dell’opera proprio da parte del presidente del Consiglio.
CHI HA VIOLATO LE REGOLE. In realtà, però, chi sta tradendo realmente gli accordi iniziali, contravvenendo a quanto stipulato inizialmente, è il Carroccio. Il contratto di Governo sul punto era chiaro: sarebbe stata necessaria una rivalutazione dell’opera Torino-Lione, una sua ridiscussione. E, nonostante l’analisi costi-benefici non abbia lasciato dubbi sull’inutilità del mega-progetto, il Carroccio non ha mai fatto passi indietro, spalleggiando con partiti come il Partito democratico e Forza Italia. Lavorando, dunque, con le opposizioni e non per il cambiamento tanto auspicato.
LA STRANA ALLEANZA. Non è un caso che adesso, paradossalmente, sono proprio le opposizioni a chiedere a Salvini, dopo il voto sulle mozioni, di staccare la spina. Ed è quantomeno paradossale che a farlo siano proprio esponenti del Pd, quello stesso Pd da cui sono arrivate le accuse di “razzismo” e “fascismo”. Chiaro il ragionamento del responsabile Infrastrutture del Pd, Roberto Morassut: “Comunque vada la discussione sulla Tav […] la maggioranza si dividerà su un’opera strategica che però è parte anche di un trattato internazionale. L’opera non può andare avanti con la contrarietà politica del partito di maggioranza relativa e del Ministro delle Infrastrutture, si rischiano boicottaggi, ritardi e aumento dei costi. Se Salvini è un buffone il Governo andrà avanti nonostante il voto divergente delle forze della maggioranza, altrimenti stacchi la spina”.
Non divergono molto le argomentazioni di Fratelli d’Italia e Forza Italia, in un’inedita coalizione non solo contro il Movimento cinque stelle, ma anche contro il contratto di Governo che tanto i Cinque stelle quanto il Carroccio hanno fatto votare ai loro attivisti. E, al di là di tanta retorica, è questo il dato inoppugnabile: i Cinque stelle hanno tenuto fede ai patti con i propri elettori. Non si può certamente dire lo stesso per quanto riguarda la Lega.