Ci risiamo, ancora una grana agita il mondo della Rai. Eh già perché dopo l’interminabile stallo per le nomine, la riorganizzazione aziendale andata avanti molto a rilento e il caos del doppio incarico del presidente Marcello Foa, sul tavolo del cda di viale Mazzini è arrivata una grana non da poco. Il nuovo bubbone, pronto a deflagrare, è quello che riguarda il 71enne prefetto Alfonso D’Alfonso, sollevato dall’Associazione stampa romana attraverso una segnalazione interna. Un tempo Chief Security Officer – ossia capo della sicurezza – del servizio pubblico, per la precisione nel periodo compreso tra il 2013 e il 2016, oggi nella Rai risulta sotto contratto come consulente nell’area Security.
Non ci sarebbe nulla di strano per una persona dal curriculum ineccepibile come quello di D’Alfonso, capace di scalare le gerarchie della Polizia di Stato fino ad arrivare al ruolo di Capo della Direzione Investigativa Antimafia, ma sotto questo abito lustrato a festa ci sarebbe qualche ombra secondo la segnalazione. Per la precisione i rapporti che D’Alfonso aveva avuto con l’ex presidente della Confindustria Siciliana, Antonio Calogero Montante (nella foto), condannato a 14 anni per associazione a delinquere, e con il suo fedelissimo Diego Di Simone Perricone, Capo della Security di Confindustria, anch’egli condannato nello stesso procedimento a sei anni e quattro mesi. Un’inchiesta, quella sul sistema Montante, che ha sfiorato anche il prefetto dal momento che il suo nome compare in almeno due informative giudiziarie alla Procura di Caltanissetta, entrambe allegate alla segnalazione.
Proprio da questi atti emergevano i contatti frequenti, sia telefonici che del vivo, tra il 71enne e l’ex presidente degli industriali siciliani. Rapporti stretti che, secondo gli inquirenti, non terminavano neanche dopo la notizia che Montante era stato indagato per gravi reati. Ma c’è di più perché nel pc sequestrato all’ex presidente, trovato all’interno di una stanza segreta della sua abitazione, i pm scovavano anche un file excel in cui l’uomo teneva conto dei suoi appuntamenti più importanti, molti dei quali erano proprio con D’Alfonso. In uno di questi, quello del 10 novembre 2011, il prefetto girava a Montante il curriculum vitae del figlio nella speranza di trovargli lavoro. E quest’ultimo, si legge nell’atto, “dopo qualche mese, veniva assunto presso la Bridgestone Technical Center Europe Spa” e “considerato che le aziende principali del Montante si occupano di ammortizzatori, non si esclude che quest’ultimo possa aver favorito l’assunzione” del figlio di D’Alfonso.
MOTIVO DEL CONTENDERE. Intendiamoci questa vicenda non fa riferimento ad alcun aspetto penale, del resto D’Alfonso non risulta indagato in alcun procedimento, ma di opportunità. Qualcosa che riguarda l’azienda e il suo management che, tra i tanti profili possibili, poteva sicuramente scegliere un candidato diverso soprattutto alla luce del codice etico che vige per dipendenti e collaboratori della Rai. Per non parlare, come si legge nella segnalazione, delle norme anticorruzione che, alla luce degli atti presentati, suggeriva prudenza. Infatti a destare preoccupazione è “che una persona con tali frequentazioni (con Montante, ndr) ricopra in Rai un ruolo delicatissimo che permette accesso completo ai dati di tutti i dipendenti e in particolar modo dei giornalisti. Molti dei quali sono impegnati in inchieste su criminalità organizzata, mafia e corruzione”.