L’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti per spiegare che la crisi non era finita aveva utilizzato la metafora del videogame: “Compare un mostro, lo combatti, lo vinci, ti rilassi e subito spunta un altro mostro più forte del primo”. Dentro un videogame pare trovarsi oggi il ministro dell’Interno e vicepremier leghista Matteo Salvini. Solo che i mostri non arrivano dall’esterno, i nemici Salvini li scova giorno dopo giorno tra gli esponenti del governo di cui fa parte.
PATTI CHIARI. E così di volta in volta nel suo mirino finiscono il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, la ministra della Difesa Elisabetta Trenta, il titolare dell’Ambiente Sergio Costa, lo stesso premier Giuseppe Conte. E in queste ore di incontri sulla manovra il nemico numero uno diventa il ministro dell’Economia Giovanni Tria. “Se il ministro dell’Economia del mio governo dice che di taglio delle tasse non se ne parla, o il problema sono io o è lui. Cosa faccio una manovra all’acqua di rose? La Lega non ne voterà mai una timida”. In realtà Tria non ha mai detto di non voler tagliare le tasse ma ha sempre argomentato, da ultimo giovedì alle parti sociali, la necessità di una riforma fiscale finanziariamente sostenibile e ha parlato di flat tax nel senso di “semplificazione delle aliquote”. E ha invocato “una progressività di attuazione” e “principi di equità fiscale” che si avvicinano molto più al progetto dei Cinque Stelle. Che hanno sempre auspicato un intervento che portasse nella legislatura a una flat tax a due aliquote, come indicato nel contratto di governo, ma partendo da una riduzione da 5 a 3 aliquote Irpef, con benefici soprattutto per i ceti medi.
Al momento non c’è una riforma condivisa nel governo, pare suggerire Conte che scrive dopo il workshop a Palazzo Chigi: “Abbiamo discusso sulle modalità per realizzare un sostanzioso taglio delle tasse per famiglie e imprese (…) da qui a settembre, elaboreremo proposte concrete per realizzare un fisco amico dei contribuenti e convocheremo nuovamente tutte le parti sociali per il confronto finale sul nostro progetto di riforma”. Derubricando così a proposta politica della Lega quella sulla flat tax che giorni fa il ministro dell’Interno ha presentato alle parti sociali, convocate irritualmente (tra le polemiche) al Viminale. Proposta su cui la Lega ha mantenuto, peraltro, carte coperte per quel che riguarda le coperture. Salvo un rilancio vago sulla pace fiscale e di misure per l’emersione del contante dalle cassette di sicurezza.
COPERTA CORTA. Il capo politico M5S, Luigi Di Maio, mal tollera che Salvini freni sul salario minimo. E difende Tria e Conte: “Hanno portato avanti trattative complesse con l’Ue, scongiurato procedure, abbiamo spread basso anche grazie al loro lavoro. Ho piena fiducia in Giovanni e Giuseppe”. Di Maio rilancia, poi, la richiesta al socio di governo di scoprire le carte sulla tassa piatta: “La flat tax è un mistero per me, non ho ancora visto le coperture. Anche la flat tax volontaria di cui si parlava non ho capito cosa significhi”. Il cuneo fiscale è una misura “realistica: ho trovato 4 miliardi”, laddove per la flat tax, insiste il ministro del Lavoro, “ne servono più del triplo”. A fine luglio e ai primi di agosto a Palazzo Chigi ci saranno altri workshop con le parti sociali. Negli stessi giorni anche il ministro dell’Interno aveva annunciato una nuova convocazione di sindacati e imprese. Una trattativa parallela che non potrà durare a lungo, la manovra del resto è una. Fino a prova contraria.