Ogni nave Ong che spunta all’orizzonte fa scattare un’emergenza nazionale. Per bloccare gli sbarchi è stato varato persino un decreto ad hoc. Da oltre un anno il Viminale non fa che denunciare i pericoli per la sicurezza del Paese rappresentati dagli stranieri soccorsi nel Mediterraneo. Sembra però che non vi sia la stessa attenzione nella lotta a quella che da decenni è una delle principali piaghe d’Italia, la mafia. Con la conseguenza che spenti i riflettori su territori come quello della provincia di Caserta, a Gomorra i clan sono tornati ad alzare la testa e a fare affari, mentre le vittime innocenti dei camorristi non riescono neppure a ottenere dallo Stato i risarcimenti a cui hanno diritto. Un quadro inquietante quello emerso dalle ultime audizioni compiute dalla commissione parlamentare antimafia e denunciato dal suo presidente, il pentastellato Nicola Morra.
L’ARABA FENICE. A Palazzo San Macuto sono stati ascoltati rappresentanti della società civile di Casal di Principe e del territorio circostante. Una scelta fatta dall’Antimafia ritenendo che sul casertano si siano spenti troppo presti i riflettori, mentre si tratta di una zona su cui l’attenzione deve essere sempre alta. E i dubbi dei commissari hanno trovato subito conferme. Il Comitato don Peppe Diana ha infatti sollecitato deputati e senatori a intervenire per bloccare qualsiasi tentativo di rigenerazione camorristica, contrastando soprattutto l’economia criminale. La camorra ha infatti ripreso forza, si appoggia ai colletti bianchi e manca ancora una reale valorizzazione di tanti beni confiscati alle mafie, in una terra tra l’altro dove ci sono esempi virtuosi di chi gestendo quei patrimoni è riuscito a creare 112 posti di lavoro.
LA BEFFA. “Dall’altra parte – ha specificato lo stesso presidente Morra – è emersa l’urgenza di definire con precisione la questione dei risarcimenti ai familiari delle vittime innocenti, che ha troppe interpretazioni legislative, lasciando incertezze che devono essere risolte”. Il Ministero dell’interno sta infatti inspiegabilmente bloccando i risarcimenti e quanti sono stati colpiti dai clan si trovano così paradossalmente a dover combattere ora anche contro lo stato.
IL CORAGGIO NON BASTA. In provincia di Caserta non manca chi prova a resistere, come l’imprenditore antiracket Antonio Picascia, della Cleprin, che dopo essersi visto bruciare l’azienda è andato avanti, salvando il posto a 35 lavoratori. Da quel momento però, anziché essere sostenuto dallo Stato, l’imprenditore si è trovato tutti contro. Le indagini su chi lo aveva colpito sono finite archiviate e gli ostacoli a lui posti non si contano. A tutti i livelli. Al punto che parte dell’audizione è stata secretata. “Si tratta – ha specificato sempre Morra – di scenari inquietanti su come sia sotto attacco l’economia legale in provincia di Caserta”. Drammi che per il Viminale non sembrano la priorità.