Poco dopo un vertice sull’Autonomia e poco prima del workshop con le parti sociali sul fisco, a Palazzo Chigi si incontrano Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Un faccia a faccia atteso e invocato a più riprese dal capo politico 5S, che arriva in un momento delicatissimo per le sorti del governo. E’ durato un’ora circa il colloquio “in cui – lasciano trapelare – si è fatto il punto della situazione politica”, quasi a voler così giustificare l’assenza del premier Giuseppe Conte. “E’ andato bene”, commenta Salvini, “abbiamo parlato di opere pubbliche, cantieri, Tav”. Il premier non entra nel merito: “Dobbiamo lavorare non chiacchierare”. “Bene, sono d’accordo”, replica Salvini.
Un messaggio quello di Conte indirizzato a entrambi i suoi vice. Che si siano visti Conte lo commenta liturgicamente: “Cosa buona e giusta”. E’ stato proprio il presidente del Consiglio a mandare in crisi, in questi giorni, tanto Di Maio quanto Salvini. Sulla testa del primo è arrivata la tegola del Tav. Un sì al tunnel che ha provocato nel Movimento una reazione scomposta. Non può definirsi in altro modo la decisione dei senatori grillini di abbandonare i banchi di Palazzo Madama quando il premier ha preso la parola per riferire sui presunti finanziamenti russi alla Lega.
Uno sgarbo istituzionale di cui anche Di Maio si sarà reso conto, tanto che il giorno dopo tenta di sviare l’attenzione rilanciando su altri temi come la legge sul conflitto d’interessi. Ugualmente ammaccato all’incontro è arrivato Salvini. Il ministro dell’interno è stato messo in imbarazzo dall’informativa del premier. Nei passaggi dettagliati in cui Conte ha confermato la presenza di Gianluca Savoini, il leghista presidente dell’Associazione Lombardia-Russia indagato per corruzione internazionale, nelle due missioni a Mosca di Salvini a metà luglio e metà ottobre 2018. Specificando che, almeno nell’occasione di luglio, era “al seguito del ministro dell’Interno”.
Resoconto che ha provocato la reazione sopra le righe del vicepremier leghista: le parole di Conte? “Mi interessano meno di zero”. Il leader della Lega ha poi ribadito di non capire cosa volesse dire il premier assicurando che tornerà in Parlamento “ove mai dovessero maturare le condizioni per una cessazione anticipata del mio incarico”. Come – dice Salvini – “se ci fosse la necessità di cercare degli Scilipoti di turno per non andare a casa”. Accuse pesanti che con fermezza il premier rinvia al mittente: “Andrei in Parlamento per trasparenza nei confronti dei cittadini e per rispetto delle istituzioni. Che possa andarci per cercare maggioranze alternative o che voglia dare vita a un mio partito è fantasia. Non facciamo i peggiori ragionamenti da Prima Repubblica. Restituiamo alla politica la sua nobile vocazione”.
A chi gli chiede di commentare le parole di Salvini su Conte, Di Maio risponde con un diplomatico invito a “non litigare e non alimentare litigi, mettiamoci tutti al lavoro per il Paese”. Tante le questioni aperte: commissario Ue, Autonomia, riforma della giustizia. E rimpasto: durante il summit a Palazzo Chigi Salvini rinnova insofferenza verso Danilo Toninelli e Di Maio, di contro, verso Marco Bussetti e Gian Marco Centinaio. E sulla manovra sempre Salvini dice: “Per un forte taglio delle tasse devi aprire una discussione coraggiosa con l’Europa. Se qualcuno non è disponibile a questo è un problema”. Si riferisce a Di Maio? No, risponde Salvini. Che sia il titolare del Tesoro Giovanni Tria o Conte il destinatario dell’avvertimento?