La quiete dopo la tempesta. E “gli augelli a far festa”, sono le parole dei vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini che promettono a distanza di tornare a vedersi. “Escludo che ci possa essere una crisi: sono dinamiche di un governo con due forze politiche diverse”, dice il capo politico M5S, protagonista il giorno prima di uno scontro a tutto campo con il leader della Lega, dal caso Russia al voto europeo. “Ci vediamo e troviamo come sempre un punto per andare avanti”, assicura Di Maio secondo cui “male non fare, paura non avere: abbiamo da realizzare riforme importanti”. E Salvini acconsente: “Ci vedremo sicuramente”, dice Salvini. Ma la tregua non basta a sciogliere i nodi. La partita per il Commissario Ue resta aperta.
A determinare lo stallo la sconfessione da parte della Lega del patto che il premier Giuseppe Conte aveva negoziato in Europa sul pacchetto delle nomine ai vertici e che garantiva all’Italia, e al Carroccio, il portafoglio della Concorrenza. Con il no a Ursula von der Leyen alla presidenza della commissione Ue, dopo che fino all’ultimo gli stessi leghisti le avevano accordato fiducia, e la rinuncia alla carica di commissario, il Carroccio vuole tenersi le mani libere per sparare a zero contro l’esecutivo comunitario. Alimentando la grancassa della propaganda contro l’Europa dei burocrati e degli inciuci tra Berlino e Parigi, Salvini potrà fare la voce grossa sulla manovra e la flat tax da realizzare a tutti i costi, anche in deficit.
Ma il Movimento, che non ha nessuna intenzione di finire nel tritacarne del marketing politico anti-Europa della Lega, non demorde e insiste: “Il commissario europeo alla Concorrenza è fondamentale per l’Italia e deve essere della Lega”, dice Di Maio dopo la rinuncia alla candidatura del leghista Giancarlo Giorgetti. “Non discuto qui di chi sarà il prossimo Commissario europeo, lo devo fare con gli esponenti delle forze politiche e del Governo. Cercheremo di trovare il profilo più idoneo a rappresentare l’Italia”, dice il premier Conte. La pace armata siglata da Salvini con Di Maio, però, parte da un attacco ad alcuni ministri grillini: “Luigi Di Maio è persona corretta e perbene, ma sono inaccettabili i no e i blocchi quotidiani di opere e riforme da parte dei 5Stelle”.
TOTOMINISTRI. Nel mirino ci sono Danilo Toninelli alle Infrastrutture e Trasporti “che blocca la Gronda di Genova, che toglierebbe migliaia di auto e di tir dalle strade genovesi” e il ministro alla Difesa Elisabetta Trenta “che propone di mettere in mare altre navi della Marina, rischiando di attrarre nuove partenze e affari per gli scafisti”. A parole Salvini non vuole altri ministri leghisti – “Noi stiamo lavorando ai progetti e alle cose da fare, non alle poltrone” – ma la realtà è ben diversa. Conte interrogato sull’ipotesi di rimpasto dice che “non è arrivata nessuna richiesta” e che bisogna, invece, “completare la squadra dei sottosegretari”, facendo riferimento al Mit. Dove due sono le caselle lasciate libere dagli esponenti leghisti Armando Siri (sottosegretario) ed Edoardo Rixi (viceministro).
Comunque, ha detto il premier, “quando mi verranno poste delle questioni riguardanti l’operato di un ministro mi porrò il problema”. Lasciar andar via la Trenta significherebbe per i Cinque stelle dare a Salvini l’esclusiva in materia di difesa e immigrazione. Una partita da cui M5S non intende stare fuori. Diverso il caso di Toninelli verso cui è partito anche un fuoco amico. Benché si tratti di un dicastero che pesa, considerando che ha in pancia Autostrade e Tav. Ed è per questo che Conte ha blindato i suoi ministri. Come pure i 5S. Il riferimento ai sottosegretari incrocia invece un sentimento diffuso tra i grillini: è sulla schiera di quelli sottoposti a graticola dopo la batosta elettorale che si concentra la maggiore voglia di cambiamento di Di Maio e i suoi.