Tre rinvii a giudizio e una condanna a sei mesi in abbreviato. Nessun colpo di scena nell’udienza davanti al gup di Bologna, Franco Raffa, nell’inchiesta sulla raccolta firme a sostegno del Movimento 5 Stelle nelle elezioni regionali del 2014. Fatti per i quali andranno a processo il consigliere comunale Marco Piazza, autosospeso da M5S dopo la deflagrazione dello scandalo, il suo collaboratore a palazzo d’Accursio Stefano Negroni, e l’ex attivista pentastellata Giuseppina Maracino.
A tutti loro la Procura di Bologna contesta il reato di violazione della legge elettorale. A differenza loro, esce di scena dal procedimento l’ex attivista grillina Tania Fiorini che, con il rito abbreviato, è stata condannata a sei mesi di reclusione con sospensione della pena. L’inchiesta che creò più di qualche imbarazzo era nata da un esposto di due ex attivisti in cui venivano segnalate la presenza di alcune firme sospette. A Piazza, eletto la prima volta nel 2011 e confermato in consiglio alle Comunali del giugno 2016, viene contestata l’autenticazione in totale di sette firme.
Tra quelle imputate al vicepresidente del Consiglio comunale, il quale si era subito dimesso per rispetto nei confronti del Movimento, ce ne sono due che sarebbero state raccolte da un’attivista non abilitata la quale le avrebbe recuperate tra le proprie colleghe, per giunta durante una pausa dal lavoro. Negroni, invece, è l’unico che dovrà rispondere di tre firme ritenute del tutto false, tra cui quella di una donna che viveva a Londra.