“Una Rai libera non solo dalla politica ma anche dalle logiche concorrenziali del mercato pubblicitario. Una Rai, quindi, che sia finanziata esclusivamente dalle risorse del canone”. Il vicepresidente M5S della Vigilanza, Primo Di Nicola, va dritto al punto. Lanciando la sua ricetta per il servizio pubblico radiotelevisivo. “Intendiamoci, ridurre il canone, peraltro in un momento di particolare disagio delle famiglie tra le più copite dalla crisi economica, è senz’altro una buona idea – premette però il senatore del Movimento Cinque Stelle -. E ritengo, quindi, che Di Maio in primis, abbia fatto bene a porre la questione. Anche per un’altra ragione”.
E quale sarebbe?
“In un Paese in cui l’informazione è gravemente segnata dai conflitti d’interessi e la Rai è stata da sempre considerata terra di conquista da parte della politica, è fondamentale salvaguardare il servizio pubblico quale baluardo di democrazia. Innanzitutto garantedogli risorse adeguate e sufficienti per assolvere la propria missione”.
Ma come si assicurano queste risorse se alcuni suoi colleghi, come Paragone, propongono invece l’abolizione del canone e, di conseguenza, del tetto pubblicitario per la Rai?
“Con il senatore Paragone non ho avuto modo di confrontarmi. Comunque il provvedimento seguirà il normale percorso parlamentare, ci sarà una fase emendativa che, prevedo, allineerà il testo alla riduzione del canone preannunciata da Di Maio. Resta in ogni caso il nodo dell’anomalia Rai, che può contare sugli introiti garantiti dal canone pagato dai cittadini e, allo stesso tempo, dalle risorse raccolte sul mercato pubblicitario al pari dei suoi competitor privati. Un aspetto, quest’ultimo, particolarmente critico: la caccia selvaggia allo spot ha generato la conseguente rincorsa all’audience ad ogni costo. Anche attraverso programmi, che definire trash è un eufemismo, pur di competere con le reti commerciali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’inesorabile e progressivo scadimento dei programmi Rai”.
Quindi come se ne esce?
“Con lungimiranza e progetti a lunga scadenza, che perseguano l’obiettivo di una Rai definitivamente sottratta alle logiche del mercato pubblicitario e finanziata interamente ed esclusivamente con il canone pagato dai cittadini in cambio di una tv pubblica di alta qualità”.
Ma così non si rischia di lasciare campo libero alle tv commerciali, magari favorendo i soliti noti? Fu Berlusconi ad invocare i tetti pubblicitari per la Rai, ricorda?
“Assolutamente no. Questo rischio si correrebbe semmai lasciando le cose come stanno. è chiaro che ad una Rai interamente finanziata dal canone, dovrebbe corrispondere in parallelo un intervento che regoli il mercato pubblicitario con l’introduzione di tetti stringenti allo scopo di evitare posizioni dominanti o di oligopolio nel quale pochi soggetti si spartiscono l’intera torta”.
A che misure pensa?
“A misure legislative che prevedano soglie di mercato relativamente basse. In questo modo non solo si potrebbe prevenire la formazione di concentrazioni sul mercato ma si favorirebbe anche la nascita di nuove imprese, con tutti i conseguenti benefici sul piano del pluralismo, a vantaggio non solo delle Tv ma anche di altri settori editoriali. Dalla carta stampata alle agenzie di stampa alle testate web. Tutti settori che oggi versano in grave difficoltà”.