di Vittorio Pezzuto
Vi ricordate di quando, nel 1947, quel comunistaccio di Giancarlo Pajetta decise di occupare con un manipolo dei suoi la prefettura di Milano per protestare contro la rimozione di Ettore Troilo da parte del ministro degli Interni Mario Scelba? Eccitato, confuso e felice telefonò subito la notizia al segretario del Pci Palmiro Togliatti e questi lo inchiodò con una feroce battuta: “E adesso che ci fate?”.
L’episodio andrebbe raccontato ai parlamentari grillini che tre mesi or sono hanno festosamente occupato il Parlamento ma che ancora adesso non sembrano aver maturato idee sufficientemente chiare e coerenti sul che fare in aula e nelle commissioni. È vero che una fase di rodaggio non si nega mai ai neofiti della politica, ma i pentastellati che si sono seduti con malcelata arroganza negli scranni di Camera e Senato si sono presto rivelati inadeguati al compito di offrire un’alternativa credibile di metodo e comportamenti. Avevano promesso di aprire il Parlamento come una scatola di tonno, si sono invece trovati privi di una strategia (con)vincente e sono bastate queste prime fasi della legislatura per relegarli nel girone degli inconcludenti. Poche proposte di legge, una presenza impalpabile nelle commissioni, pochissime sortite efficaci sul piano della comunicazione: anche per gli osservatori meno prevenuti è davvero difficile non nascondere la delusione per i marginali effetti del loro tsunami. Tanto che ad esempio appare già impietoso il confronto – in termini di preparazione e di efficacia – tra la loro attività e quella che vide protagonisti i primi quattro radicali eletti in Parlamento nel 1976.
Guidati fin qui da un gaffeur di prima scelta e da una spocchiosa maestrina, i loro due gruppi parlamentari si sono infatti ben presto ritrovati alla deriva: isolazionisti a oltranza (buona parte della loro base elettorale ancora oggi li rimprovera per l’ostinazione con la quale si sono sottratti al dialogo con il Pd) e incapaci di dettare l’agenda della priorità politica, hanno fatto notizia più per le liti interne e le loro estenuanti riunioni seriali a porte chiuse che non per la messa a segno di iniziative parlamentari concrete. Scontano anche l’irruenza polemica di un leader esterno (e a volte estraneo) che ormai quotidianamente minaccia epurazioni, corregge via blog dichiarazioni incaute e che pur di restare sotto il riflettori non rinuncia ad attaccare il Palazzo con espressioni sempre più violente e parossistiche. Grillo sostiene che il Parlamento è una scatola vuota che rilascia il fetore della putrefazione ma dimentica che ormai di questo nulla fanno parte anche i suoi eletti, peraltro in ruoli di responsabilità. Improduttivi e scoordinati, i grillini hanno infatti mostrato una perizia antica nel rastrellare tutti gli strapuntini di potere disponibili: la vicepresidenza della Camera, la presidenza della Commissione di vigilanza sulla Rai, quasi tutte le vicepresidenze delle commissioni permanenti.
Distinguo e inviti
Domani si riuniranno in diretta streaming per scegliere i nuovi capogruppo di Camera e Senato, confidando che l’assemblea di questa sera (rigorosamente off limit a tutti gli estranei) sia riuscita a dissodare reciproche diffidenze e soprattutto a smaltire le ultime scorie polemiche che hanno accompagnato le defezioni di Vincenza Labriola e Alessandro Furnari. Che la vicenda non sia stata gestita al meglio lo riconosceva ieri il deputato pentastellato Cosimo Petraroli, infastidito come altri suoi colleghi dai toni del comunicato che gli “esperti” della comunicazione del Movimento avevano senza preavviso diffuso contro i due traditori: «Grillo ha detto: se qualcuno non si dovesse più riconoscere nei valori del movimento, noi con molta serenità e tranquillità e senza polemiche lo
accompagneremo fuori dal movimento. Ricordate?». Col passare delle ore si sono moltiplicate le prese di posizione più ragionate, meno inclini all’invettiva. Diceva ai cronisti il deputato Alessandro Di Battista: «Noi non cacciamo nessuno. Se qualcuno vuole andarsene, non possiamo trattenerli». Sulla stessa lunghezza d’onda anche la battagliera Carla Ruocco, che sul suo blog escludeva malumori nel Movimento e invitava all’abbandono del gruppo eventuali altri insoddisfatti: «Non vi sorprendete se, alla fuoriuscita di parlamentari verso altri gruppi, io non mi straccio le vesti. Se c’è qualcun altro che si è sbagliato fa ancora in tempo! Esca. Nessun rancore. Anzi! Lo ringraziamo di cuore! Grazie perché non continua a restare dentro ad una casa che non ama, col rischio di continuare a covare risentimenti e a seminare zizzania. Grazie! Grazie davvero per questo bella presa d’atto. Auguri di uno splendido futuro. Lontano da qui».
Ieri Beppe Grillo provava a consolarsi per la delusione alle amministrative festeggiando le vittorie a Pomezia ed Assemini: «Il cammino del Movimento 5 Stelle all’interno delle istituzioni è lento ma inesorabile». Sulla lentezza non possiamo che concordare. Quanto ai suoi effetti inesorabili, il tempo sarà come al solito galantuomo.