Bene una maggiore autonomie delle Regioni ma senza arrivare a un’Italia con differenze enormi anche nelle scuole e negli stipendi, dove chi nasce al Nord ha un’istruzione migliore e delle retribuzioni più dignitose di chi nasce al Sud. Questo il fronte su cui ieri è saltata l’intesa tra Movimento 5 Stelle e Lega per la riforma sulle Autonomie. E il vertice a Palazzo Chigi presentato appena 24 ore prima dal ministro leghista per gli affari regionali, Erika Stefani, come lo strumento con cui imprimere un’accelerazione definitiva al progetto normativo da portare in Parlamento, ha finito solo per segnare una grande distanza tra i pentastellati e il partito di Matteo Salvini.
I NODI. Il Movimento non sembra disposto ad accettare che in Italia vi siano bambini che possano godere di un’istruzione migliore solo perché vivono in regioni più ricche. Lo ha specificato lo stesso vicepremier Luigi Di Maio: “L’Autonomia si deve fare, però dobbiamo garantire l’unità nazionale. Oggi il tavolo di Governo si è bloccato sulla regionalizzazione della scuola. Crediamo che un bambino non scelga in quale Regione nascere, non è giusto che i bambini che nascono nelle Regioni che hanno più soldi abbiamo maggiore diritto all’istruzione”.
Un altro punto su cui M5S e Lega sono andati allo scontro è stato poi quello delle gabbie salariali. “Al vertice la Lega ha proposto di inserire le gabbie salariali, ovvero alzare gli stipendi al Nord e abbassarli al Centro-Sud – hanno sostenuto i pentastellati – e per il Movimento 5 stelle è totalmente inaccettabile”. Senza contare che il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, ha continuato a battere sulla necessità di non acuire le differenze tra il Meridione e il resto d’Italia.
IRA LEGHISTA. Prese di posizione che hanno mandato la Lega su tutte le furie. “Se c’è qualcuno che sabota, qualcuno che l’autonomia non vuol farla… Allora si parli chiaro”, ha dichiarato un furibondo Salvini, che da mesi viene pressato dal Nord per accelerare sulle Autonomie. “L’autonomia differenziata – ha aggiunto il ministro Stefani – è nel contratto di governo, se qualcuno ha cambiato idea lo si dica”. Posizioni rafforzate in qualche modo anche dalla Campania del governatore dem Vincenzo De Luca, che, unendosi a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, ha inviato alla Stefani un documento d’intesa sull’autonomia differenziata.
IL PACIERE. A cercare di gettare acqua sul fuoco è stato infine il premier Giuseppe Conte. “Si va avanti – ha affermato il presidente del Consiglio – ma nel rispetto dell’unità del Paese e del dettato costituzionale”. Ancora: “Siamo già a otto richieste di autonomie e questo è sostenibile solo se l’intesa che faccio con una posso farla anche con un’altra. Questo significa che non posso trasferire tutte le competenze che mi vengono richieste”.