Tentativo fallito. Questa volta l’ex ministro azzurro Cesare Previti non ha bussato alle porte della Corte di Cassazione per cercare di far annullare l’ennesima sentenza di condanna nei suoi confronti, ma per provare a farsi restituire il vitalizio. Vano anche questo tentativo. Gli ermellini hanno specificato che non sono i giudici ordinari competenti a decidere in materia e che si tratta di vicende che devono essere definite all’interno della stessa Camera dei deputati o del Senato. Nessun salvagente dunque dalla magistratura ordinaria. Un brutto colpo per l’ex onorevole ed ex avvocato della Fininvest. Ma allo stesso tempo una doccia gelata anche su altri ex deputati e senatori, come Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri o Toni Negri che, perso il vitalizio per le condanne subite, prima dell’ordinanza della Cassazione a sezioni unite potevano continuare a nutrire qualche speranza.
GIRO DI VITE. Previti e altri condannati hanno perso il ricco assegno mensile dopo la delibera del maggio 2015 degli uffici di presidenza della Camera e del Senato, che con Laura Boldrini e Pietro Grasso hanno raccolto l’appello dell’associazione antimafia Libera per togliere il vitalizio a chi si è macchiato di reati gravi, da quelli di mafia alla corruzione, con pene superiori ai due anni di reclusione. L’ex ministro della difesa del primo governo Berlusconi, condannato in via definitiva per la corruzione dei giudici nelle vicende Imi-Sir e Lodo Mondadori e radiato anche dall’Ordine degli avvocati, ha cercato di salvare i suoi quattromila euro circa al mese. E se fosse riuscito nell’impresa avrebbe aperto una strada anche per i ricorsi degli altri ex onorevoli privati del vitalizio.
Previti ha quindi fatto ricorso al Tribunale di Roma contro la delibera della Camera e sulla vicenda si è ora pronunciata la Suprema Corte. Gli ermellini, come già è accaduto per i tagli ai vitalizi, hanno però ritenuto che si tratti di vicende per cui vale l’autodichia, ovvero la giurisdizione interna delle Camere, senza che possa intervenire la magistratura ordinaria. Una decisione presa specificando che in tal senso si è già espressa tanto la Corte Costituzionale quanto la Corte europea per i diritti dell’uomo. Nello specifico: “L’attribuzione della decisione sulla presente controversia agli organi di autodichia del Parlamento deve considerarsi pacifica”.
L’ALTRA BATTAGLIA. Sullo stop agli assegni per gli ex onorevoli condannati è però in corso anche un’altra partita. In questo caso tutta interna alla Camera. Il Collegio d’appello di Montecitorio deve infatti pronunciarsi sui ricorsi fatti dall’ex ministro Francesco De Lorenzo, l’ex sindaco di Taranto, Giancarlo Cito, l’ex esponente di An, Luigi Sidoti, e gli ex socialisti Giulio Di Donato e Raffaele Mastrantuono. Una decisione su cui potrebbe incidere l’ordinanza della Corte di Cassazione, che ha fissato chiari paletti e reso improbabile un intervento della Consulta.