Finiti i tempi del profondo rosso nelle casse della sanità. Uno dei settori che storicamente hanno comportato le maggiori spese per lo Stato sembra essere diventato virtuoso. Lo assicura la stessa Corte dei Conti, analizzando i risultati della gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali per l’esercizio 2017. I controlli funzionano e i conti sono in regola. Peccato che, come emerge tra le pieghe dello stesso rapporto dei magistrati, un risultato così virtuoso sembra essere stato raggiunto sulla pelle dei cittadini, che tra tagli al personale e diminuzione degli investimenti riescono a curarsi con sempre maggiore difficoltà.
IL DATO CONTABILE. La Corte dei Conti, relazionando al Parlamento, a Palazzo Chigi, ai Ministeri dell’economia, dell’interno, della salute, della pubblica amministrazione e degli affari regionali, e alle Regioni ha evidenziato che la spesa sanitaria nel 2018 è stata di 115,4 miliardi di euro, che era cresciuta del 60,8% tra il 2000 e il 2008, ma che tra il 2009 e lo scorso anno è aumentata soltanto del 3,7%. Guardando al Def, i magistrati hanno quindi aggiunto che quest’anno è prevista una spesa di 118,1 miliardi, +2,3% rispetto allo scorso anno, pari a 2,7 miliardi, ma è comunque in calo l’incidenza di tali esborsi sul Prodotto interno lordo, essendo stati stimati nel 6,6% tra il 2008 e il 2020 e destinati a ridursi al 6,4% nel 2022. sempre la Corte dei Conti ha poi precisato che nella sanità sono in calo i debiti verso i fornitori, anche se gli oneri per gli interessi dovuti ai ritardati pagamenti restano elevati, e che è diminuito il ricorso alle anticipazioni di tesoreria, mentre aumentano le disponibilità liquide a fine esercizio. Calato, infine, il costo del personale, anche se con differenze indicate come significative a livello territoriale.
LE CONSEGUENZE. La riduzione della voragine nei conti della sanità non è stata però compiuta soltanto eliminando sprechi cronici più volte denunciati. La stessa Corte dei Conti ha infatti specificato nel rapporto appena approvato che tale obiettivo è stato conseguito riducendo, tra il 2009 e il 2017, il personale del 5,3%, tanto che gli ospedali sono in perenne emergenza e in estate più che in altri periodi dell’anno, e gli investimenti addirittura del 48%. Il perché curarsi diventa un calvario diventa ora maggiormente comprensibile. Nel 2017, tra l’altro, la spesa per la sanità pubblica in Italia ha inciso sul Pil per il 6,6%, mentre in Germania pesa per il 9,6%, in Francia per il 9,5% e in Gran Bretagna per il 7,6%. Ecco spiegato perché tutelare la propria salute negli altri grandi Paesi europei è più semplice. Mentre lo Stato ha ridotto le spese nel delicato settore, le stesse spese sono aumentate per le famiglie. E non tutti hanno i mezzi necessari. Considerando che in un anno al Nord una famiglia spende una media di 141 euro, al centro di 118 e al Sud di 98. Una piaga che dovrà affrontare il ministro della salute Giulia Grillo.