I veleni, i dossier e il tentativo di scalata delle maggiori Procure d’Italia. C’è tutto questo nello scandalo che sta avvelenando la magistratura italiana e che, giorno dopo giorno, i pubblici ministeri della Procura di Perugia stanno portando alla luce. Tutto è partito dagli incontri carbonari tra l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, cinque consiglieri del Csm, l’ex ministro dem Luca Lotti e il deputato Cosimo Ferri.
Conversazioni in libertà in cui il gruppetto di magistrati e politici, come se fosse la cosa più normale del mondo, intrattenevano di notte per poter dare il via ad un domino di nomine gradite con cui riempire diversi uffici giudiziari. Peccato per loro che queste chiacchierate, la cui utilizzabilità a fini processuali è tutta da dimostrare, venivano regolarmente ascoltate dagli investigatori che avevano piazzato sul telefonino di Palamara un trojan, ossia un virus informatico capace di trasformare un comune smartphone in una cimice degna di 007.
Un’inchiesta a tutto tondo che ha come principali protagonisti il pm ed ex presidente Anm Palamara, accusato di corruzione, il collega Stefano Rocco Fava e il consigliere togato del Csm Luigi Spina, quest’ultimi accusati di rivelazione di segreto e favoreggiamento. Ma che è ben lontana dall’essere conclusa. Anzi la vicenda promette novità come dimostra l’apertura di un secondo fascicolo a Milano. E così quotidianamente, come se si assistesse ad un romanzo a puntate, emergono nuovi brogliacci l’ultimo dei quali risale al 16 maggio scorso. Un’intercettazione in cui i pm romani indagati, Palamara e Fava, tirano in ballo, forse millantando, il collega Giuseppe Cascini, consigliere di Area, e Marco Mancinetti, ex giudice di Roma legato alla corrente Unicost.
ALTRE SPIATE. I due magistrati, incuranti della presenza del trojan, discutono dell’indagine della procura di Perugia. “Da maggio 2018… iscrizione dicembre 2018… comunicazione al Csm a maggio 2019”, dice Fava. E Palamara risponde: “Perché la trasmissione avvenne in quel periodo… Così mi disse Pignatone… no? Questo me lo disse Pignatone”. Qui i due stanno parlando dell’informativa dei finanzieri nella quale si faceva riferimento diretto a Palamara e che dalla Capitale era stata inviata a Perugia per competenza. “A firma non di Pignatone, mi hanno detto di Cascini, Ielo e Sabelli. Hanno firmato tutti e tre questa trasmissione atti”, precisava Fava. “E Mancinetti era informato su tutto. Capito come faceva? Perciò no? E quindi hanno fatto rivelazione di segreto d’ufficio… Mettici pure questo”, precisa piccato Palamara.
Lo stesso, dopo una breve pausa, aggiunge: “Se mi chiama qualcuno in Prima Commissione devo dire: signori io purtroppo questa storia ve la dico oggi… la so da un anno e mezzo… tanto è vero che… inizio da Mancinetti e Ardituro… Andava in giro dicendo che non potevo fare il procuratore aggiunto perché chissà cosa arrivava da Perugia”. Fava è incredulo: “eh…”. E Palamara conclude: “secondo me se lo mandano in prima è un boomerang, cioè che se io vado a fare ste dichiarazioni, no ipoteticamente mi chiamano, cioè saltano in aria sia Cascini che Manci… Cioè poi si devono dimette…”.