La partita era di quelle importanti. E non solo per i risvolti che questa nomina inevitabilmente avrà, ma anche per comprendere i “pesi” all’interno del Governo. E alla fine la battaglia, per restare in tema militare, è stata vinta da Matteo Salvini. Non era un mistero per nessuno, d’altronde, che quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone fosse il nome caldeggiato dal vicepremier leghista. Il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, invece avrebbe preferito un profilo diverso. Un profilo come quello dell’ammiraglio Paolo Treu, attuale numero due della Marina: un pilota di caccia Harrier e uomo di mare. Un’ipotesi che sarebbe stata nel segno della continuità rispetto all’uscente Capo di Stato Maggiore Valter Girardelli che proprio oggi lascerà il posto, invece, a Cavo Dragone.
Chi vive giorno per giorno l’ambiente del ministero della Difesa, dopotutto, non fa mistero sul fatto che i giorni che hanno preceduto la nomina last-minute del Capo di Stato maggiore della Marina siano stati decisamente tesi: scegliere un profilo invece che un altro significava aprirsi la possibilità di mettere le mani su un settore strategico delle forze armate italiane, in un periodo peraltro di particolare frizione proprio tra Salvini e la Trenta. Basta pensare, d’altronde, alle critiche espresse dal leader leghista in merito alla gestione della Difesa, avanzando anche la lontana ipotesi che un domani possa cambiare lo stesso titolare del dicastero. E la nomina di Cavo Dragone segna un altro importante punto per Salvini nelle dinamiche interne al Governo. Al di là delle congratulazioni di rito che tutti, ieri, hanno rivolto allo stesso Cavo Dragone, a cominciare da Sergio Mattarella che l’ha ricevuto al Quirinale insieme all’uscente Girardelli.
IL PESO DEL COLLE. Ecco: a proposito di Quirinale in tanti sono pronti a giurare che il peso determinante sia stato rivestito proprio dal Colle, questa volta singolarmente “alleato” di un partito non graditissimo come la Lega. La ragione sarebbe da ritrovare nel fatto che il nome di Cavo Dragone – che negli ultimi anni si è occupato proprio della gestione dei più delicati comandi interforze, quelli cioè dove Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri agiscono in un’unica struttura mettendo in comune uomini e risorse – garantirebbe al Quirinale il progetto, previsto dal Libro Bianco della Difesa dell’allora ministro Roberta Pinotti, di trasformare il mondo militare in una rete interforze, appunto: unico modo per garantire efficienza nonostante il taglio delle risorse. E la cosa non è di secondaria importanza, considerando che, come da prassi consolidata, per il principio della rotazione tra le Forze Armate, il prossimo capo della Difesa spetta proprio alla Marina militare. E in questo ruolo così delicato il nome di Cavo Dragone sembra godere di massima fiducia anche dalla parti del Quirinale.
GESTIONE MIGRANTI. Sicuramente potrebbe beneficiarne Salvini che potrebbe vedere in questa nomina una linea più diretta nella gestione degli sbarchi e delle frontiere. Specie dopo l’approvazione del decreto Sicurezza-bis. Non bisogna dimenticare, ad esempio, che il dl stabilisce, tra le altre cose, che il Viminale “può limitare o vietare l’ingresso il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” per ragioni di ordine e sicurezza. E avere dalla propria il Capo di Stato maggiore potrebbe fare la differenza. Specie se dovesse diventare generale della Difesa. Con buona pace della Trenta.