Il Nord preme. I governatori delle regioni più ricche d’Italia vogliono le autonomie e le vogliono subito. Un’esigenza che la Lega, attenta a non perdere la base storica del suo elettorato, intende soddisfare in fretta. Ieri però proprio sulle autonomie si sono registrate le ennesime schermaglie tra il partito di Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle. I pentastellati sono decisi a rispettare il contratto di Governo, ma senza abbandonare il Mezzogiorno. E alla fine lo ha messo in chiaro lo stesso vicepremier Luigi Di Maio, specificando che sulle autonomie si va avanti purché contestualmente venga approntato un grande piano per il rilancio del sud.
C’E’ CHI HA FRETTA. Il nodo delle autonomie è tornato al centro dell’agenda politica gialloverde nella seduta del Consiglio dei ministri di mercoledì sera, quando il ministro leghista per gli affari regionali Erika Stefani ha relazionato sullo stato avanzato dell’iter di attuazione di quanto previsto in materia dalla stessa Costituzione, facendo riferimento alle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Il ministro ha inoltre precisato che sulle richieste giunte poi anche dalle regioni Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Campania l’iter invece è ancora nella fase iniziale. Ieri quindi, sempre Stefani, ha aggiunto che la norma sull’autonomia è ufficialmente incardinata e che con il premier Giuseppe Conte ha stabilito la road map sulle fasi finali della trattativa. “Il governo – ha dichiarato – ha scelto di intraprendere una fase storica per un nuovo regionalismo che passa attraverso responsabilità, competenza e democrazia diretta”.
I FAUTORI. A premere sull’acceleratore, criticando l’atteggiamento prudente del Movimento 5 Stelle, sono poi stati i governatori del Nord. “Una cattiva informazione sulla riforma ha contribuito a creare dubbi e perplessità in una parte del governo”, ha esordito il presidente della Lombardia, Attilio Fontana. Di più: “I ministri 5Stelle, Lezzi e Grillo in particolare, non è un mistero per nessuno che siano perplessi. Invece non dovrebbero perché questa è una riforma per lo Stato a costo zero”. A dargli manforte è quindi intervenuto il governatore del Veneto, Luca Zaia: “Sull’autonomia si sta scrivendo una pagina di storia che ridarà efficienza a tutta Italia e cambierà pelle alla Repubblica”. Sulla stessa lunghezza d’onda infine il presidente della Liguria, l’azzurro Giovanni Toti.
IL FRENO. A frenare sul progetto, in assenza di garanzie per il Sud, è però intervenuto il vicepremier Luigi Di Maio. “Quello che tutti dobbiamo ricordare – ha affermato con un lungo post su Facebook – è che all’Italia tutto serve tranne un ulteriore divario tra Nord e Sud, che danneggerebbe tutti, da Bolzano a Palermo”. Il vicepremier, lanciando anche una frecciata notevole sostenendo che “c’è chi va ancora in giro chiamando milioni di italiani terroni” e definendo chi si comporta in tal modo un miserabile, ha dichiarato senza mezzi termini che serve un grande piano per il Sud. Ha ricordato così che nel contratto di governo si parla tanto di autonomie quanto di Mezzogiorno. Di Maio punta sulla realizzazione di infrastrutture, turismo, lavoro. “Se le velocità sono sempre state due e diverse – ha concluso il vicepremier – occorre fare il possibile affinché l’Italia torni a correre con lo stesso ritmo e costanza. La storia ce l’ha insegnato: ogni divisione indebolisce. Un’unione di intenti dà forza”.