“Tutto questo casino succede sempre per le nomine dei vertici delle Procure, non per quelle dei presidenti di Tribunali e Corti d’Appello perché le prime detengono il potere giudiziario, quello vero”. Non ha dubbi il presidente dell’Unione delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza, su quali siano i veri mali che stanno distruggendo il Csm e mettendo in crisi la credibilità della magistratura italiana.
In questi giorni non si fa altro che parlare dello scandalo del Csm. Molti si dicono sorpresi, lei cosa ne pensa?
“In realtà dobbiamo distinguere tra due piani quello relativo ai fatti corruttivi che accerterà la magistratura e quello che vede delle persone, non solo magistrati ma anche politici, che si riuniscono per sostenere un candidato gradito a capo degli uffici di Procura, in particolare quella di Roma. È quello che succede da 30 anni e che solo una certa ipocrisia può negare perché si tratta di nomine di enorme peso politico”.
Lei sostiene che l’obbligatorietà dell’azione penale sia vera solo sulla carta. Cosa intende e perché sarebbe alla base degli attuali problemi interni alla magistratura?
“Com’è noto l’obbligatorietà dell’azione penale è impossibile. L’idea che qualunque notizia di reato debba determinare l’apertura di un fascicolo è un fatto fisicamente irrealizzabile. Quindi i Procuratori, devono selezionare delle priorità. Tali scelte hanno trasfigurato questi uffici giudiziari in uffici di rilevanza politica perché decidere se iscrivere o meno una notizia di reato, dargli una priorità o non dargliela, magari su indagini delicate che riguardano politici e Governi… ha conseguenze politiche devastanti. Infatti la sola iscrizione di un sottosegretario o di un ministro determina immediate conseguenze politiche. E badi bene: ciò a prescindere dalla fondatezza o meno della notizia”.
Quindi come se ne esce?
“Tutto quello di cui stiamo parlando ruota attorno a questa ipocrisia dell’obbligatorietà dell’azione penale quando in realtà è ‘temperata’ perché sono i Procuratori a decidere le priorità. Noi abbiamo presentato un disegno di legge per la separazione delle carriere, già in discussione in Commissione Affari Costituzionali, dove chiediamo che sia il Parlamento a scegliere le priorità degli uffici in modo che il Parlamento stesso se ne assuma la responsabilità. A differenza di quanto accade ora con le Procure che non devono rispondere a nessuno”.
Secondo questo progetto di riforma avremmo due diversi Csm, uno per i giudicanti e uno per gli inquirenti.
“Esatto. Questo libererebbe la magistratura dal predominio assoluto dei pubblici ministeri. Basti pensare che l’Anm è da sempre dominato dai pm tranne quest’ultimo presidente, Grasso, che è un giudice civile. Eppure i pm sono il 20% dei magistrati. La separazione delle carriere affrancherebbe i giudici dalla signoria dei pm, garantirebbe la presenza di un giudice terzo imparziale e diminuirebbe la forza politica delle Procure”.
Eppure qualcuno ha pensato anche al sistema del sorteggio.
“Il sorteggio è un’umiliazione delle regole democratiche. Un’idea obbrobriosa ma servono regole chiare e definite. Guardi la risposta è sempre nella nostra proposta di legge che prevede di portare la componente laica, quella di nomina politica cioè non magistrati, al 50% anziché l’attuale rapporto in cui questi componenti sono solo 1/3. Così il gioco delle correnti diventerebbe a dir poco complicato”.