A porre la questione nell’assemblea congiunta dei parlamentari pentastellati è stato Emilio Carelli. Ma di un possibili ritocchi alla squadra dei ministri M5S si è continuato, e si continua, a parlare anche fuori. Proseguire con l’assetto attuale o cambiare qualcosa, anche alla luce del pessimo risultato elettorale di domenica scorsa? Certo, rimaneggiare la composizione dell’Esecutivo comporterebbe esporsi alle possibili rivendicazioni della Lega, vista l’inversione dei rapporti di forza nella maggioranza, che potrebbe spintonare il Movimento per accrescere il suo peso alla luce della vittoria elettorale. Ma non sono pochi quelli che, nei gruppi parlamentari M5S, si dicono pronti a correre questo rischio. Che poi lo sia anche il leader politico Luigi Di Maio è tutto un altro paio di maniche.
MOLTI SCONTENTI. D’altra parte, alcuni ministri M5S non sono solo finiti nel mirino del Carroccio (Danilo Toninelli alle Infrastrutture e ai Trasporti, Elisabetta Trenta alla Difesa, Sergio Costa all’Ambiente) ma sono stati rimessi in discussione anche dai grillini. E c’è di più: sul banco degli imputati i pentastellati hanno messo pure un gruppo di sottosegretari accusati di non rispondere neanche ai parlamentari. Lo stesso Di Maio ha lamentato di essere stato lasciato solo in campagna elettorale, non solo in giro per l’Italia ma anche in onda sui media. L’esigenza, poi, di rimettere mano alla squadra di governo nasce dalla necessità di sostituire quanti hanno dovuto lasciare, come i leghisti Armando Siri e Edoardo Rixi, rispettivamente sottosegretario e viceministro del Mit.
E Paolo Savona che ha abbandonato le Politiche Ue dopo la nomina alla Consob. Al ministro Toninelli i grillini riconoscono, comunque, la responsabilità e il peso di cui si è fatto carico: Tav e grandi opere. Ovvero quegli stessi dossier per cui quel dicastero fa gola alla Lega. E se il ministro Costa è per il M5S intoccabile, più deboli appaiono le posizioni di Trenta e anche della ministra Giulia Grillo. Sulla prima pesa la strategia seguita sugli F35 e i continui battibecchi con l’alleato Matteo Salvini, sulla seconda gli scarsi risultati ottenuti sulla sanità. E vacillano anche Barbara Lezzi, al comando del ministero per il Sud e Alberto Bonisoli al Mibact (“Roba da chi l’ha visto?”, è la critica diffusa).
Capitolo sottosegretari. Il malcontento dei parlamentari grillini nei confronti di molti di loro è trasversale a diversi ministeri. Si parte da quel Angelo Tofalo alla Difesa, che l’altro giorno ha duramente attaccato Trenta, noto alla cronaca per una serie di cadute di stile e contenuti. Dall’utilizzo dell’espressione “boia chi molla” al video girato con addosso mimetica e mitra in mano. Fino all’apologia degli F35 “un aereo – lo definì – che ha un’ottima tecnologia, forse la migliore al mondo in questo momento”. A non riscuotere grandi consensi sono poi i sottosegretari Michele Dell’Orco al Mit, Simone Valente e Vincenzo Santangelo al ministero dei Rapporti con il Parlamento, Vittorio Ferraresi alla Giustizia. Per tutti le principali recriminazioni sono quelle “di inefficienza e di confusione nella linea politica”. A via XX Settembre, invece, al viceministro Laura Castelli e al sottosegretario Alessio Villarosa. Alla prima, in particolare, si rimprovera di aver smarrito la via che dovrebbe portare alla spending review.