L’Italia è sotto attacco della speculazione finanziaria. Non è una novità. Quando avevamo la liretta ci bastonavano tutti, con casi proverbiali come quello di George Soros, oggi paladino e finanziatore dei partiti europeisti. Nel 1992 questo signore distrusse la nostra moneta, trasferendo nel famoso “mercoledì nero” cifre astronomiche dalle nostre tasche alle sue. A colpirci adesso sono i mercati, termine che sottintende una pluralità di banche, grandi gruppi economici e squali di Borsa, esattamente come Soros. L’effetto delle loro scommesse al ribasso contro i titoli del nostro debito pubblico è quello di far salire l’ormai arcinoto spread, parola di cui ben pochi capiscono il significato, ma di cui tutti hanno timore.
Per farla breve, si tratta della differenza sul costo degli interessi che pagano il nostro Stato e la più solida Germania per finanziarsi. Più si sostiene che l’Italia non sarà in grado di ripagare quanto prende a prestito e più questi interessi salgono, fino al punto di essere arrivati ieri a un livello superiore alla Grecia. Di chi è la colpa di tutto questo? Gli economisti “di sistema” e le opposizioni gettano la croce addosso al Governo e alle forze politiche che lo sostengono, che nelle settimane scorse hanno mandato segnali allarmanti, come le dichiarazioni di Salvini di non voler rispettare i vincoli europei sulla spesa. Ma non c’è solo questo.
Quando una situazione è incandescente ogni minimo segnale ha la sua importanza, e mosse come la mozione per pagare i debiti della Pubblica amministrazione con Buoni del Tesoro anziché in contanti, fino al pasticcio nel rispondere all’ultima letterina di Bruxelles sui conti pubblici, sono un regalo per chi cerca argomenti con cui provare il nostro incombente default. Per salvarci da tutto questo, vent’anni fa cedemmo la nostra sovranità monetaria all’euro, certi che avremmo avuto uno scudo per difenderci.
Ancora una volta, però, dobbiamo constatare che siamo senza protezioni. E anzi, chi dovrebbe difenderci, ci manda letterine e va a braccetto coi Soros. Tanto Visco di certe cose non parla, impegnato com’è nel denunciare il grave danno che ci arrecano i due soldi che diamo ai poveri con il Reddito di cittadinanza.