di Martino Villosio
Il caso Lusi, in attesa della sentenza nel processo penale in arrivo prima dell’estate, spacca clamorosamente la procura della Corte dei Conti del Lazio.
Ieri mattina, davanti al Presidente della sezione regionale della Corte Ivan De Musso, si è tenuta l’udienza sull’istanza con cui l’ex tesoriere della Margherita ha chiesto di restituire direttamente allo Stato i soldi che, secondo le accuse, avrebbe sottratto indebitamente dalle casse del defunto partito: 22 milioni e 800 mila euro, una parte dei quali (6 milioni e 400 mila euro) secondo i legali di Lusi andrebbe “scontata” in quanto già rientrata all’erario sotto forma di tasse e imposte.
Il 30 maggio scorso, i vice procuratori contabili Pio Silvestri e Marco Smiroldo – che da mesi hanno in mano il fascicolo sull’ex tesoriere e il 16 aprile gli avevano inviato l’atto di citazione – avevano espresso il loro parere favorevole alla proposta.
La sconfessione
Ieri però, di fronte ai consiglieri della Corte dei Conti chiamati a valutare l’istanza, non si è presentato nessuno dei due. Mentre il loro capo, il procuratore regionale Raffaello De Dominicis, dopo aver avocato a sé il procedimento, nella sua requisitoria ha clamorosamente chiesto il respingimento dell’istanza di Lusi.
Un’ottima notizia per il Collegio dei Liquidatori della ex Margherita e per il suo ex presidente e fondatore, Francesco Rutelli: se la richiesta di Luigi Lusi venisse infatti accolta, i soldi tornerebbero direttamente allo Stato e non nelle casse del partito confluito nel 2007 nel Pd. E il gesto più volte annunciato e pregustato (la restituzione dei soldi sottratti ai cittadini una volta riconquistatone il possesso) sfumerebbe di conseguenza.
Soldi dello Stato
Nel loro atto di citazione, contestuale alla richiesta di sequestro conservativo sulle case e i conti correnti di Lusi, i vice procuratori “esautorati” da De Dominicis avevano scritto chiaro e tondo che i soldi del rimborso elettorale non utilizzati per le finalità specifiche indicate dalla legge 515 del 1993 appartengono allo Stato, nonostante i partiti abbiano erroneamente ritenuto negli anni di poterli tenere per sé, senza alcun vincolo di destinazione. Una tesi contestata dal Collegio dei Liquidatori della Margherita, secondo i quali “i contributi erogati dallo Stato, una volta ricevuti dal partito entrano nella sfera del partito stesso e hanno, pertanto, natura privatistica”.
Ieri l’ex partito Democrazia e Libertà è costituito in giudizio davanti alla Corte dei Conti. E in una nota il Collegio dei Liquidatori ha questa volta lodato l’opposizione del procuratore De Dominicis a quella che viene definita “la manovra” di Lusi, un tentativo mirato “a far cessare i procedimenti a suo carico con l’offerta di beni di valore reale grandemente inferiore rispetto alle risorse sottratte”.
Nel mirino dei Liquidatori ci sono, tra le altre cose, i sei milioni di “sconto” che l’ex tesoriere ha chiesto di ottenere sulla somma da restituire all’erario: “sarebbe impossibile”, dicono nella nota, “poter considerare le imposte pagate a fronte delle false fatturazioni operate a danno della Margherita, quale elemento da valutare nel novero delle somme da rimborsare”. Una linea portata avanti anche ieri nella requisitoria del procuratore De Dominicis.
Guerra all’ultimo euro
Intanto due giorni fa, alla moglie di Lusi, è stato notificato dall’ex Margherita un atto di citazione con contestuale richiesta di sequestro conservativo da 25 milioni di euro.
La guerra insomma è apertissima in ogni sede. Gli avvocati di Luigi Lusi, che ha fatto istanza di restituzione “senza che questo comporti il riconoscimento di alcuna responsabilità civile o penale” (ma soltanto amministrativa), ricordano che proprio ieri il giudice cautelare della Corte dei Conti ha confermato il sequestro conservativo dei beni dell’ex tesoriere per 16 milioni e 441 mila euro. E cioè nei termini proposti da Lusi e accolti il 30 maggio dai vice procuratori Smiroldo e Silvestri.