Ha attraccato questa mattina nel porto di Genova la nave saudita “Bahri Yanbu”, carica di armi con ogni probabilità destinate allo Yemen. Molte le proteste al momento dell’arrivo del cargo partito dagli Stati Uniti e che sabato dovrebbe approdare definitivamente nel porto di Gedda. L’obiettivo dei manifestanti, un centinaio, non era quello di bloccare lo scalo ligure, ma impedire le attività della nave che trasporta materiale bellico. “Stop ai traffici di armi, guerra alla guerra” lo striscione dei portuali.
“Vogliamo segnalare all’opinione pubblica nazionale e non solo che, come hanno già fatto altri portuali in Europa, non diventeremo complici di quello che sta succedendo in Yemen” avevano spiegato in una nota ieri i segretari Filt Cgil Enrico Ascheri ed Enrico Poggi. “Questa nave – ha detto il comandante della Guardia costiera ligure, Nicola Carlone – scala regolarmente il porto di Genova da circa 4-5 anni. Credo che la protesta sia legata a quanto successo in Francia dove è stata vibrata. Probabilmente la consapevolezza di quali sono le merci trasportate è arrivata fino a noi e c’è stata questa sensibilità sull’accosto”.
A Genova la “Bahri Yanbu” dovrebbe imbarcare due casse contenenti altrettanti generatori della Defence Tecnel di Roma che al momento sono state spostate in un’area protetta all’interno del porto per essere ispezionate. La decisione di sospendere il carico è stata durante il vertice che si è tenuto in prefettura a Genova tra autorità portuale, terminalista, sindacati dei portuali e segreteria della Camera del lavoro. Il vertice e’ stato presieduto dal prefetto Fiamma Spena. Il blocco all’imbarco delle altre merci e’ stato tolto.
La Filt Cgil Liguria ha poi annunciato lo sciopero dei lavoratori addetti a tutti i servizi e alle operazioni portuali, di mare e di terra, che riguardano gli scali liguri “dove possa avvenire l’eventuale attracco della nave Bahri Yanbu, carica di armi destinate al conflitto in Yemen, perché come già avvenuto nei porti di Le Havre e di Genova, non si proceda con l’imbarco di materiale bellico impiegato in operazioni definite dalle Nazioni Unite “crimini di guerra”. Per Filt e Cgil Liguria i porti “vanno aperti alle persone, non ai traffici di armi destinate a bombardamenti di civili, già oggetto di risoluzioni del Parlamento Europeo che esorta gli Stati Membri a astenersi dal fornire armi e attrezzature militari all’Arabia Saudita, destinate al conflitto in questione”. Filt e Cgil Liguria auspicano che “anche l’Italia, come gli altri Stati Europei, decida finalmente di dare un segnale forte contro la più grave catastrofe umanitaria del mondo, chiudendo i suoi porti alla Bahri Yanbu”.
“Scioperi, presidi, blocchi per una nave – ha commentato critico il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti – che non carica armi e non scarica armi a Genova. Avrebbe caricato semmai prodotti a cui hanno lavorato tecnici e operai italiani: un generatore. Potrebbe essere usato per scopi bellici? Anche una presa doppia può servire per il ferro da stiro o in una caserma. E’ forse un oggetto bellico una presa doppia? Chissà, magari le vicine elezioni fanno pensare a certa sinistra di rianimare così il proprio consenso, ma la realtà è che tutto questo danneggia la competitività del nostro scalo, non aiuta il lavoro italiano, non aiuta la nostra crescita”.
“Mi congratulo con i camalli – ha detto il senatore Gianluca Ferrara, capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Commissione Affari Esteri di Palazzo Madama – e con tutti i promotori dell’iniziativa di protesta al porto di Genova per il successo della loro azione nell’impedire il carico di generatori a uso bellico sulla nave-cargo saudita Bahri Yanbu che trasporta armi destinate al fronte di guerra yemenita. Mi auguro solo che ora la nave lasci l’Italia e vengano così smentite le voci sul possibile aggiramento del blocco con un carico alternativo domani a La Spezia, che comprenderebbe anche i cannoni semoventi francesi Caesar”.
“La protesta di oggi – ha aggiunto l’esponente pentastellato – è espressione dello spirito pacifista che ha sempre animato la società civile italiana, uno spirito scolpito nell’articolo 11 dalla nostra Costituzione e che deve trovare riscontro anche nell’azione dello Stato italiano. Stato che, non su pressione popolare ma nel rispetto delle sue stesse leggi, deve evitare ogni complicità con una guerra criminale come quella in Yemen. Evidentemente però anche in questo caso la legge italiana 185 del 1990, che in teoria vieta il transito e il trasbordo di materiale bellico, non basta e va rafforzata – conclude Ferrara -, come previsto nel disegno di legge di riforma che ho presentato in Senato”.