Riportiamo alcuni stralci del libro appena pubblicato “I demoni di Salvini” (Chiarelettere) di Claudio Gatti, in cui il giornalista sviscera e rivela i retroscena di come Matteo Salvini sia diventato quello che oggi è. Tra legami inquietanti e vento di destra. Qui di seguito parte del capitolo dedicato alla figura di Marcello Foa.
Alla vigilia delle presidenziali che porteranno Donald Trump alla Casa bianca, per esempio, scrive il tweet: «#hillary ha un nuovo guaio: le cene sataniche». E invita i suoi fan a leggere il pezzo in cui l’ex inviato di «Avvenire» Maurizio Blondet riporta la notizia data da un sito americano privo di qualsiasi credibilità, Infowars, secondo cui la candidata democratica alla presidenza avrebbe partecipato a «cene sataniche». […] Dopo aver descritto un disegno di destabilizzazione del Medio Oriente portato avanti dagli Stati Uniti, (Marcello Foa, ndr) dice che «alla fine fa comodo agli Stati Uniti perché evidentemente il disegno, per ragioni che non abbiamo ancora capito del tutto, è quello di promuovere il caos in questa regione del mondo anziché la stabilità». E insiste: «Per ragioni che ancora non capiamo».
Dopo aver affermato che a sostenere l’Isis in Siria sono Usa e Arabia Saudita, dice che «dietro a questi giochi ci sono dei calcoli strategici che sfuggono alla ragione». Infine insiste nel negare l’evidenza: «Io non sono un complottista che dice “dietro a questo c’è…”. Ma un giornalismo onesto, che cerca di capire, non può fare a meno… senza arrivare a conclusioni… non può fare a meno di porsi legittimamente delle domande per aiutare il suo pubblico a capire». Aiutare il pubblico a capire? O confonderlo? L’improbabilità degli scenari da lui regolarmente proposti mi portano a propendere per la seconda possibilità. Possibile che si sia davanti al giornalista più paranoico del mondo? O peggio, a uno squilibrato convinto di avere il compito di allertare i lettori delle minacce che incombono e lui solo è in grado di intravedere? La sua carriera – inclusa la posizione che ha raggiunto alla Rai – mi porta a escludere questo scenario.
Si tratta allora di un giornalista ingenuo portato fuori strada – o, come direbbe lui, fuori dal mainstream – dalle «cattive frequentazioni»? Il fatto che abbia partecipato a dibattiti sulla «crisi dell’informazione» organizzati in due città diverse da rappresentanti del movimento di Lyndon LaRouche potrebbe portarci a crederlo. Così come le sue riproposizioni di tweet di Maurizio Blondet o di Simone Di Stefano, il capetto di CasaPound. O la sua amicizia con Diego Fusaro, il filosofo oggi amato dai «fascisti del terzo millennio» (che lo hanno voluto come collaboratore della loro rivista ufficiale «Il Primato Nazionale») e ieri discepolo di Costanzo Preve, lo studioso di Marx che è stato il primo intellettuale di origine progressista a teorizzare il superamento della dicotomia destra-sinistra caldeggiando la nascita di un fronte comune «rossobruno» contro il capitalismo e che per questo ha finito col pubblicare i suoi libri per la casa editrice del saluzziano Claudio Mutti.
[…] Giubilo deve averne provato anche Gianluca Savoini. Foa infatti è membro del Comitato scientifico e opinionista di «logos», la rivista «politico-culturale» online di matrice sovranista di cui Savoini è direttore responsabile. Ma a farmi pensare che l’attuale presidente della Rai possa essere considerato un «agente d’influenza» dei postnazisti secondo l’accezione del termine data dall’intelligence italiana – quindi sia una persona che «per convinzione personale» o perché «manipolato da altri e quindi senza rendersi conto» opera a favore di «interessi estranei ed esterni» – è un’analisi dei suoi lavori giornalistici a partire dal momento dell’elezione di Matteo Salvini a capo del Carroccio. Sul fronte del complotto per il meticciato, Foa prende posizione quasi immediatamente. E il 5 aprile 2014 nel suo blog scrive: L’Unione europea continua a incoraggiare – di fatto – l’immigrazione extraeuropea, promuovendo così il modello di una società multietnica, senza aver elaborato modelli di integrazione e, come sempre, senza aver chiesto ai popoli europei se queste dinamiche sono di loro gradimento. La politica di immigrazione europea è talmente contraddittoria, scriteriata e priva di buon senso che ci si può legittimamente chiedere se il vero scopo non sia quello di una destabilizzazione e di uno sradicamento identitario e culturale della civiltà europea. Foa non manca di puntare il dito contro il belzebù preferito di sovranisti e postnazisti, George Soros, che definisce «personaggio di grande cinismo». Anzi, «vero e proprio squalo».