Ancora una volta è Giancarlo Giorgetti, sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio dei ministri, a fornire la bussola nel viaggio a due di Matteo Salvini e Luigi Di Maio dopo il 26 maggio. “Quando un popolo si esprime in un passaggio elettorale così importante dirà chi fa bene e chi fa male e di questo bisognerà tenere conto – dice -. Ma non significa che il governo rischia”. Nega di aver evocato la crisi: “Il governo per andare avanti ha bisogno di divisione e condivisione: tesi, antitesi e sintesi. Le proposte prima di essere approvate devono essere digerite. Com’è accaduto sul reddito di cittadinanza”.
Arriverà il giorno in cui, dice ancora Giorgetti, i leader di Lega e M5S si incontreranno e litigheranno come in famiglia: “In questo momento, mentre si gioca, ci si mena un po’”. E se è vero i che i due vicepremier continuano a “menarsi” è anche acquisito che aumentano i messaggi rassicuranti sulla tenuta del governo. “Non userò il voto europeo per dinamiche italiane”, ha detto Salvini negando qualsiasi ipotesi di rimpasto come aveva già fatto Di Maio. La condizione perché il governo vada avanti è che “tutti mantengano la parola data”, assicura, “le polemiche giornalistiche non mi interessano, spero che, dopo il 26 maggio, qualcuno torni a usare toni da alleato”. E l’alleato Di Maio risponde: “Questo governo andrà avanti. Ma basta minacce della Lega di farlo cadere”.
I dossier spinosi sono noti. Si parte dal decreto sicurezza bis, che sarà sul tavolo oggi a Palazzo Chigi nel preconsiglio e su cui pesano le perplessità dei 5 Stelle, decisi correggere il testo: i membri del legislativo del Movimento dovrebbero riunirsi per fare il punto prima del vertice. L’altro dossier che scotta è le autonomie. “Su autonomia e flat tax i testi sono pronti da mesi, forse non funzionano le Poste”, ironizza Salvini. Che però prima delle Europee non potrà ottenere più di un calendario per discutere su tasse e maggiori spazi e poteri alle Regioni.
Il numero uno del Carroccio risponde all’offensiva dei pentastellati sul conflitto d’interessi lanciando un guanto di sfida sulla giustizia al Guardasigilli. “O parte la riforma complessiva del processo penale, in cui la prescrizione potrà essere una minima parte del complesso – dice Salvini -, oppure non esistono processi all’infinito che vanno a sovrapporsi in una struttura come quella di oggi che è barbara”. E annuncia: “Presenteremo una proposta sull’inversione dell’onere della prova”. Le priorità che calerà il M5S sono note: conflitto d’interessi, salva Roma, nomine nella sanità, salario minimo. Il dibattito s’infiamma anche su Ue e grandi opere. Salvini cita la Brescia-Padova su cui il Movimento ha imposto l’analisi costi-benefici. E in chiave elettorale rilancia la guerra con Bruxelles: “Se ci sono regole europee che stanno affamando un continente vanno cambiate”.
“Io voglio far aumentare lo stipendio degli italiani con la legge del salario minimo orario, non lo spread”, replica Di Maio. Che pur ammettendo che anche a lui “più dello spread interessano le famiglie, i cittadini”, promette che non voterà mai una legge di bilancio che fa aumentare il debito pubblico. Sulla famiglia invece si firma una tregua. Il ministro leghista Lorenzo Fontana ha presentato due emendamenti al dl Crescita per ampliare il bonus bebè e inserire sconti sui prodotti per l’infanzia sul modello M5S, da finanziare col miliardo residuo del Reddito di cittadinanza. “Sono disposto a prendere tutto il pacchetto di norme e di soldi e darlo a Fontana, se ne può occupare anche lui, non ci sono problemi”, dichiara Di Maio.