Svolta nel caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore friulano trovato morto in Egitto nel febbraio del 2016, fu ucciso dai Servizi segreti egiziani perché scambiato per una spia inglese. A dirlo è un supertestimone che, secondo quanto scrivono Corriere e Repubblica, ascoltò una conversazione proprio tra uno degli agenti responsabili del rapimento e un altro poliziotto del Paese africano. Il funzionario indicato dal testimone, scrive il Corriere, è uno dei cinque che la Procura di Roma ha iscritto sul registro degli indagati.
Secondo gli inquirenti ci sono indizi sufficienti per ipotizzare il coinvolgimento del generale Sabir Tareq, del colonnello Uhsam Helmy, del maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, dell’assistente Mahmoud Najem e del colonnello Ather Kamal, all’epoca capo della polizia investigativa del Cairo e coinvolto anche nel depistaggio con cui si voleva chiudere il caso addossando ogni responsabilità a una banda di criminali comuni, uccisi in un presunto conflitto a fuoco.
Le ammissioni, sottolinea Repubblica, furono fatte durante un pranzo in cui il funzionario discuteva di questioni legate alla lotta interna all’opposizione politica dell’Egitto. E non si accorse di essere ascoltato dal testimone che seduto al tavolo accanto. A un certo punto l’egiziano comincia a parlare del “ragazzo italiano”: racconta dei pedinamenti e delle intercettazioni telefoniche di cui era stato oggetto fino al 24 gennaio del 2016, vigilia della sua scomparsa; e aggiunge di essere stato protagonista dell’operazione che lo avrebbe fatto scomparire.
“Ci convincemmo che era una spia e scoprimmo che il 25 gennaio doveva incontrare una persona che ritenevamo sospetta”, avrebbe detto l’ufficiale nella ricostruzione fatta dal testimone. “Per questo entrammo in azione quel giorno”. Stando alla nuova testimonianza, quel che accade a Giulio è proprio l’ufficiale egiziano a raccontarlo al suo interlocutore: “Caricammo il ragazzo italiano in macchina e io stesso lo colpii più volte duramente al volto”.
Le novità investigative sono state inviate, nella serata di venerdì, dopo una lunga telefonata tra i titolari dell’indagine italiana ed egiziana, al Cairo. Il dossier dei magistrati della Procura di Roma riassume in 12 punti il lavoro svolto negli ultimi sette mesi dagli investigatori del Ros e dello Sco coordinati dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e dal pm Sergio Colaiocco.
Nella rogatoria, che ora il ministero della Giustizia dovrà inoltrare alle autorità del Cairo, gli inquirenti italiani chiedono agli omologhi egiziani notizie relative ad una serie di personaggi, tutti appartenenti agli apparati pubblici egiziani, che ruotano intorno ai cinque indagati dalla Procura di Roma. Verifiche anche sul testimone che ha carpito colloquio sul rapimento di Giulio.
Il secondo elemento della rogatoria riguarda gli spunti investigativi presenti nelle tre memorie che il legale della famiglia Regeni ha messo a disposizione dei pm e che rappresentano l’attività di indagine difensiva effettuata. Nel dossier consegnato dal legale della famiglia Regeni sono evidenziate proprio le dichiarazioni del testimone che avrebbe ascoltato, nel corso di un incontro, uno degli ufficiali indagati parlare del rapimento di Giulio avvenuto il 26 gennaio del 2016.
Delle ultime novità sul caso Regeni, ieri, ha parlato anche il premier Giuseppe Conte: “Ieri (venerdì, ndr) è stata una giornata di lavoro a Palazzo Chigi. Sono stato agli Stati Generali a Firenze, ho parlato con Al Sisi, ho avuto un lungo colloquio al telefono: c’è una rogatoria da perorare oltre che un aggiornamento della situazione libica”.