Un tempo il galateo istituzionale non avrebbe permesso di mettere un presidente del Consiglio nell’imbarazzo di dover dimissionare un sottosegretario “guardandolo negli occhi”. Ma quella era ben altra politica, per quanto capace di fare le cose peggiori. Oggi ci si deve accontentare di casi come quello di Armando Siri, indagato per corruzione e chiamato in causa dall’ex deputato di Forza Italia Paolo Arata, ritenuto socio di Vito Nicastri, il potente re dell’eolico in Sicilia, al quale hanno sequestrato beni per un miliardo e trecento milioni e proprio ieri i magistrati hanno chiesto dodici anni di reclusione per aver favorito la latitanza del capo di cosa nostra, il super ricercato Matteo Messina Denaro.
Siri, di cui si attendevano le dimissioni spontanee, in un gesto adeguato al ruolo di uomo delle istituzioni, è rimasto finora al suo posto, per quanto senza più le deleghe ritirate dal ministro Danilo Toninelli. Il leader del suo partito, Matteo Salvini, lo ha blindato, rispondendo picche a Luigi Di Maio e ai Cinque Stelle che ne chiedono l’immediato allontanamento dall’Esecutivo. Al di la di ogni considerazione su una lettura garantista rispetto alle ipotesi di reato mosse da ben due Procure, la permanenza di Siri nella compagine di Governo desta più di qualche imbarazzo per la sua insistenza – da responsabile dei trasporti e non delle competenti attività produttive – nel far passare una norma di legge sollecitata da Arata.
Per questo le dimissioni non sono un’opzione, ma una condizione essenziale per il Movimento, e se la montagna non va a Maometto toccherà dunque a Giuseppe Conte fare quello che va fatto, guardare Siri negli occhi e dirgli addio, almeno fino a quando non sarà prosciolto o assolto dalle accuse di tipo giudiziario, per le quali invece al momento sembra inevitabile il rinvio a giudizio. Lo showdown è fissato tra pochi giorni, quando il premier tornerà dal viaggio programmato in Cina.
Il sottosegretario ha dunque ancora un po’ di tempo per fare il bel gesto che servirebbe pure alla Lega per tirarsi fuori dal non poco imbarazzo suscitato da questa vicenda. “Ascolterò il sottosegretario Siri, lo guarderò negli occhi e prenderò le mie decisioni tenendo conto del principio di innocenza a cui come giurista sono molto sensibile”, ha detto ieri Conte, tuttavia precisando che esiste un principio di etica pubblica, per cui è possibile prendere una decisione politica anche prima di una sentenza definitiva. Il caso resta comunque terreno di scontro tra Lega e M5S.