Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato. Con questa logica il ministero dell’Economia guidato da Giovanni Tria ha impedito l’avvio di un’azione di responsabilità per gli ex vertici del Monte dei Paschi di Siena. Una decisione identica a quella già presa in altre due assemblee dei soci della banca senese, quando al Governo c’erano prima Matteo Renzi e poi Paolo Gentiloni. Quelli, si sa, erano tempi in cui nelle banche italiane ne succedevano di tutti i colori, e migliaia di risparmiatori si stanno ancora leccando le ferite. Ma adesso no, ora abbiamo un Governo che si definisce del cambiamento, e vedergli fare le stesse cose del passato è ingiustificato e ingiustificabile.
La vicenda, raccontata ieri con grande evidenza solo da La Notizia, parte dalla pretesa di un fondo d’investimento che ha perso molti soldi per essersi fidato delle comunicazioni al mercato rese dall’allora amministratore delegato Alessandro Profumo, scelto in quel ruolo da Renzi. Ne seguì un aumento di capitale miliardario e a quel punto lo stesso ex premier fiorentino si spese nel definire Mps risanata e solida. Le cose però non stavano così, e poco dopo fu lo Stato a doverci mettere altri miliardi per salvare la banca. Nel tempo cambiarono gli amministratori e ora quella stagione è un po’ più lontana, perché la banca è stata in parte ristrutturata e sta pure producendo i primi utili. Per arrivare sino a qui si è dovuto però ridimensionarla, svendere preziosi asset, licenziare personale e massacrare gli investitori.
Inoltre, la missione si potrà dire conclusa solo quando Rocca Salimbeni – cioè la più antica banca d’Italia e d’Europa – sarà venduta, con molta probabilità a qualche gruppo estero. C’è poco da festeggiare, insomma. Per questo motivo guardare avanti va bene, ma non guardare indietro è un errore madornale. Se non si vuole far passare il concetto che le banche sono imprese criminali – e ovviamente non lo sono – bisognerà pur cominciare a dire chi sono stati i responsabili dei dissesti e delle operazioni mal congegnate, scindendo le responsabilità che diversamente finiscono per sovrapporsi e far pagare all’intera attività creditizia le malefatte di ben definiti manager, ad oggi tutti liberi di spassarsela, di certo senza il problema di unire il pranzo con la cena.
Un concetto, questo, così ovvio e condivisibile, che persino il Pd dove all’epoca non contava poco l’ex ministro Maria Elena Boschi acconsentì a far partire una Commissione parlamentare d’inchiesta. Quell’organo fu fragilino, il presidente democristiano Pier Ferdinando Casini fu candidato subito dopo col Pd, mentre chi fece il diavolo a quattro come Andrea Augello non è rientrato in Parlamento, eppure qualche squarcio sull’intreccio tra politica, banchieri e autorità di controllo lo produsse, contribuendo non poco alla rovinosa caduta elettorale del Pd.
Quello che sappiamo però non è tutto, e adesso che siamo vicini alla partenza di una nuova Commissione bicamerale la politica è a un bivio: vogliamo superare definitivamente quella stagione, conoscendone i dettagli fino in fondo così da poterci dotare degli anticorpi necessari, oppure vogliamo continuare a tenere la polvere sotto al tappeto? Luigi Di Maio ha espresso chiaramente l’indicazione del Movimento Cinque Stelle di fare chiarezza, indicando alla presidenza di quest’organo Gianluigi Paragone, che di banche ne capisce per averle seguite molti anni, e chiedendo coerentemente al ministro Tria di non impedire l’avvio dell’azione di responsabilità sulle vicende del Monte dei Paschi.
Abbiamo visto come è finita con Siena, dove il Tesoro se n’è platealmente fregato del vicepremier M5S, e stiamo vedendo cosa non accade con la presidenza della Commissione d’inchiesta, dove pare sia Mattarella a non volere Paragone, evidentemente nella prospettiva di un’altra scelta gracilina sul modello dell’edizione precedente. In mezzo a tutto questo ieri è stato mortificante vedere come il grande sistema mediatico sia distratto o forse complice, e mentre a eccezione del Fatto quotidiano e di pochi altri si è quasi nascosto quanto accaduto all’assemblea del Monte Paschi, su molti giornali largheggiavano interviste e sdolcinature a Tria, l’uomo che salva la cassa da quegli spendaccioni di M5S e Lega. Un ottimo sistema per parlare d’altro, ma non certo per fare sul serio un passo avanti nella reputazione e nella social responsibility del nostro sistema bancario.