Il caso più eclatante è quello di Mario Orfeo. L’ex direttore del Tg1 e poi direttore generale della Rai in sostituzione di Antonio Campo dall’Orto, nella lista degli 87 dirigenti (repetita iuvant: 87!) che portano a casa uno stipendio superiore ai 200mila euro, è l’unico nella colonna relativa al “ruolo” ad avere uno spazio bianco. Segno, evidentemente, che alcuna collocazione per il momento è stata pensata per l’ex amministratore. Nel frattempo, però, porta a casa una retribuzione annua di 240mila euro. Il massimo consentito dalla legge per gli amministratori pubblici. Esattamente quanto porta a casa l’ad attualmente in carica, Fabrizio Salini. Con l’unica banale differenza che quest’ultimo ha l’onere e l’onore di amministrare la Tv di Stato, l’altro in questo momento non ha alcuna mansione. Soldi a pioggia per non far nulla. Suo malgrado.
Non si pensi, però, che la paradossale sorte di Orfeo non sia condivisa anche da altri “ex”. Dall’elenco pubblicato dall’azienda pubblica, infatti, non sono pochi i dirigenti che risultano genericamente “alle dirette dipendenze dell’amministratore delegato”. Segno che anche per loro il ruolo con la nuova governance non è stato di fatto deciso né tantomeno assegnato. È il caso, ad esempio, di Angelo Teodoli, ex direttore di Rai1: anche per lui il compenso annuo (secondo i dati aggiornati al 2017) risulta pari a 240mila euro. Esattamente come per l’ex direttore del Tg1 prima di Giuseppe Carboni, Andrea Montanari: 239mila euro e rotti per essere “alle dirette dipendenze dell’amministratore delegato”.
Destino finora condiviso da tutti gli altri “ex” della precedente amministrazione: Ida Colucci (ex direttrice del Tg2), Andrea Fabiano (ex direttore del Tg3), Nicoletta Manzione (ex direttrice di Rai Parlamento). A tutti loro si unisce, dalle tabelle pubblicate nella sezione trasparenza dell’azienda pubblica, anche Roberto Nepote (stipendio pari a 230mila euro), fino a febbraio 2019 presidente di RaiCom, incarico ora in mano direttamente al presidente della Rai, Marcello Foa (leggi l’intervista).
L’elenco, peraltro, non finisce neanche qui. A essere in attesa di avere un ruolo nonostante il lauto guadagno, c’è anche Andrea Vianello (compenso annuo 240mila euro, sempre secondo i dati 2017) che, dopo essere stato direttore di Rai3 e vicedirettore di Rai1, “nel giugno 2018 viene assegnato alle dirette dipendenze del Direttore di Rai3”. Destino simile a quello di Fabrizio Maffei che risulta essere “alle dirette dipendenze del Direttore di Rai Academy”. Ad essere invece alle dipendenze del direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, è l’ex vicedirettore della stessa testata, Stefano Marroni, il quale – suo malgrado – porta a casa uno stipendio di circa 200mila euro.
Nel lungo elenco, però, ci sono anche tanti dirigenti e giornalisti che, sempre stando agli ultimi dati disponibili, portano a casa il massimo consentito (240mila euro, come detto) nonostante non abbiano un ruolo equiparabile a quello di Fabrizio Salini. Da Massimo Liofredi (responsabile della sede regionale dell’Abruzzo) a Pasquale D’Alessandro (segretario Generale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale) passando per Massimo Migani che, invece, cura la gestione dei grandi eventi.
Il cortocircuito è evidente, specie se si considera che, ovviamente, non è imputabile ai singoli “beneficiari”, ma è frutto di una stortura che, col ricambio della governance, porta gli ex a mantenere i privilegi senza che venga assegnata loro alcuna mansione in alcuni casi; oppure con un ruolo sottodimensionato, negli altri. Il rischio peraltro è che, se nessuno dovesse intervenire, anche gli attuali direttori vivranno uguale sorte quando scadrà questo Cda e, a cascata, cambieranno le pedine di tutte le varie caselle tra reti e testate, in un circolo vizioso senza fine. L’unica conseguenza facilmente prevedibile è lo spreco infinito di denaro pubblico.