L’austerity ha devastato il sistema di welfare italiano. A dirlo, questa volta, non sono soltanto i critici del sistema-Europa, tanto odiati dai politici alla Pierre Moscovici e alla Jean-Claude Juncker. Questa volta a dirlo è un rapporto preparato e realizzato dall’Eurispes. Il dossier, presentato pochi giorni fa, insieme agli eurodeputati Laura Agea e Fabio Massimo Castaldo, sottolinea proprio come in seguito alla crisi economica e finanziaria c’è stato un progressivo rafforzamento delle politiche di austerity con la riforma della governance economica dell’Ue – in particolare tra il 2011 e 2013 – che ha portato, nel luglio 2012, alla ratifica, con il governo Monti, del Trattato sul Fiscal Compact.
Da lì le esigenze finanziarie hanno presto il sopravvento – con lo spauracchio del pareggio di bilancio – a tutto il resto. “L’idea di fondo – come spiegato dalla stessa Agea – era che, introducendo in Costituzione vincoli al bilancio, ed in particolare, il principio del pareggio di bilancio, se ne rendesse difficile, per il futuro, l’aggiramento, garantendo così un alleggerimento della spesa pubblica e dunque del ricorso all’indebitamento”. Peccato, però, che così facendo Mario Monti e l’allora maggioranza PD-Forza Italia hanno di fatto consegnato la nostra sovranità economica all’Europa e ai falchi dell’austerity. Con tutte le conseguenze del caso.
Nel rapporto c’è un passaggio, su tutti, che rende chiaro a cosa ha portato tale sistema: “Il momento di crisi non sembra dunque essere stato affrontato in Italia, in questi anni, nel modo più efficace, essendo stata focalizzata l’attenzione più sugli strumenti contabili, sulla riduzione di spesa e sul futuro pareggio di bilancio, piuttosto che sugli investimenti, sulla costruzione di infrastrutture e sul rilancio della spesa interna, con anche maggiore attenzione e tutela ai diritti sociali”. In seguito alle misure di austerità, un’ampia fetta della popolazione italiana non riesce più ad accedere alle cure per ragioni economiche. Nel 2015, oltre 12 milioni di italiani hanno dichiarato di aver rinunciato alle cure per motivi economici, mentre 7,8 milioni hanno speso tutti i loro risparmi o si sono indebitati per far fronte alle spese mediche.
Non è un caso che anche l’Eurispes, esattamente come detto nel corso di questi anni anche dal Movimento cinque stelle, oggi consigli “lo scorporo dai criteri di deficit della quota delle spese nazionali per il cofinanziamento di fondi europei”. Ciò significa “promuovere iniziative affinché la quota delle spese nazionali per il cofinanziamento di fondi europei possa essere scorporata dai criteri di deficit e di debito degli Stati membri” ed “escludere dagli aggregati rilevanti del Patto di stabilità le spese sostenute da Enti locali e Regioni per il cofinanziamento dei fondi strutturali europei”.
Necessario, secondo l’istituto di ricerca, anche lo scomputo della spesa per infrastrutture dal calcolo del deficit ai fini del Patto di stabilità e una riforma strutturale della mission della BCE. Senza dimenticare, ancora, la necessaria modifica del valore del debito di riferimento: “il 60% del debito/PIL è un valore privo di fondamenti economici. È necessario rivedere al rialzo questo rapporto portandolo, ad esempio, al 90% poiché più realistico”. Questo permetterebbe, esattamente come chiede da mesi il Governo italiano, di prevedere un fondo ad hoc per gli investimenti. Perché ad essere errato non è il nostro sistema sanitario o pensionistico, ma quello europeo che soffoca.