di Elisabetta Villaggio
In principio fu addirittura Fellini che, con lo Sceicco bianco del 1952, venne stroncato dalla critica nostrana che scrisse sull’autorevole rivista Il bianco e il nero “…un film talmente scadente per grossolanità di gusto, per deficienze narrative e per convenzionalità di costruzione da rendere legittimo il dubbio se tale prova di Fellini regista debba considerarsi senza appello”. Fu salvato da Callisto Cosulich che lo definì il primo film anarchico italiano ma fu un disastro al botteghino e creò problemi alla produzione. Anche la prima de La strada, a Venezia nel ’54, fu accolta da pareri contrastanti e il film decollò definitivamente, come la carriera del grande regista, con l’assegnazione dell’Oscar come miglior film straniero nel ’57. Stesso destino ebbe Nuovo Cinema Paradiso. Uscito timidamente in Italia, in una versione di 173 minuti, con incassi disastrosi e critiche non favorevoli, fu tagliato dallo stesso produttore, Franco Cristaldi, che lo portò a Cannes, con una versione da 123 minuti, dove vinse il Grand Prix Speciale della Giuria nel 1989 e poi l’Oscar per il miglior film straniero. Anche Respiro di Emanuele Crialese uscì nelle sale italiane senza riscuotere successo che ebbe invece in Francia. In seguito a quello fu riproposto nei cinema italiani dove fu finalmente apprezzato. La grande bellezza di Sorrentino, presentato in concorso all’ultimo festival di Cannes ha diviso la critica: piuttosto freddina quella italiana positiva quella straniera, in particolare quella americana. Variety e The Hollywood Reporter lo hanno incluso nella top 10 di Cannes 2013. Ma c’è un altro film italiano che ha avuto un grosso successo sempre a Cannes quest’anno. Salvo di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza si aggiudica entrambi i due premi principali della 52esima edizione della Semaine de la Critique. Ma il film non ha ancora una distribuzione italiana anche se, dopo il successo di Cannes, ci sono alcune negoziazioni. Massimo Cristaldi, produttore del film, racconta che c’era un accordo con un distributore ma poi si è tirato indietro. “Non c’è stato nessun network televisivo italiano che abbia voluto far parte del progetto anche se io chiedevo pochissimo. Le televisioni italiane piuttosto finanziano commedie che magari non fanno incassi ma si spaventano davanti a un film d’autore. Ora magari si stanno mangiando le mani” dice il produttore. Salvo, costato circa un milione e mezzo ha dovuto mettere insieme 11 finanziatori tra i quali Artè. La vicenda ricorda quella del padre Franco che dovette appunto aspettare il successo prima di Cannes e poi l’Oscar per decretare il successo di Nuovo cinema paradiso. Come mai alcuni film nostrani di valore devono aspettare i riconoscimenti sia di pubblico che di critica stranieri per decollare in patria? Il critico cinematografico Fabio Ferzetti sostiene che c’è in Italia un pregiudizio a priori e un problema di tipo culturale. Si pensa che non ci sia il gusto per certi film e c’è anche una certa disinformazione. Al festival di Torino, dove si fa un lavoro di tipo educativo con il pubblico nel corso di tutto l’anno, le sale sono piene. Anche Diaz, aggiunge, è stato realizzato grazie alla tenacia di Procacci e della Fandango perché non lo voleva fare nessuno. Poi, quando ha vinto il Premio del Pubblico a Berlino, hanno visto che funzionava e si sono mossi. Il successo internazionale di un film o di un regista favorisce comunque la ripresa del settore e speriamo che se ne accorgano i nostri produttori e distributori.