Un’ora e cinque minuti in tre sedute complessive, di cui una “riservata” al solo Ufficio di presidenza. In media, 21 minuti a convocazione. Se spalmassimo il dato dalla prima seduta (07 febbraio) fino ad oggi (40 giorni) parliamo di un minuto “concesso” ogni 24 ore. Questi sono i dati collezionati dalla commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere. Giusto per capire quanto interessi questo tema nei corridoi di Palazzo Madama. Basta d’altronde andare sulla pagina istituzionale della commissione presieduta dalla dem Valeria Valente per avere tutti i riferimenti del caso: la prima riunione, come detto, si è tenuta il 7 marzo.
I 20 senatori si sono riuniti per una mezz’ora precisa (dalle 9,05 alle 9,35). L’argomento? “Costituzione della commissione”. In quella seduta, in pratica, sono stati votati presidente, vicepresidenti (Cinzia Leone e Donatella Conzatti) e segretari (Gelsomina Vono e Gianfranco Rufa). Dopo le votazioni, racconta il resoconto stenografico, la Valente assicurava “il massimo impegno personale affinché la Commissione, con l’impegno di tutti i membri, possa svolgere un lavoro proficuo e condiviso”. Invitava, infine, “i Gruppi a designare tempestivamente un proprio rappresentante al fine di consentire l’avvio dei lavori.
Sarà anche per questo, forse, che solo dopo 20 giorni ci si rivede in commissione. Ma non tutti, per carità. Soltanto l’Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi. Tempo del fondamentale summit: 15 minuti. Dalle 8,40 alle 8,55. Tempi tecnici, penserà qualcuno. Adesso che si è lanciati si andrà come una scheggia in commissione. E invece no. La terza convocazione della commissione d’inchiesta risale al 7 marzo. L’argomento del giorno è di quelli scottanti: “Esame e approvazione, con modificazioni, della proposta di Regolamento interno”.
Minutaggio del dibattito: 20 minuti. Dalle 8,40 alle 9,00. In pratica, dunque, la commissione d’inchiesta sul femminicidio fino ad oggi si è vista tre volte, per un totale di un’ora per discutere solo di beghe interne, dalle votazioni degli organi interni a eventuali cambiamenti del regolamento interno. In più di un mese dalla sua nascita non una volta, stando ai resoconti pubblicati sulla pagina istituzionale, si è parlato di questioni che toccano direttamente la violenza di genere o i diritti delle donne.
Probabilmente, però, non c’è neanche troppo da stupirsi. Al di là degli annunci pubblici che parlano di un interesse spasmodico a difendere i diritti dei più deboli e ad assicurare loro tutela, che il tema non fosse così prioritario in questa legislatura, lo si è capito dalla vacatio incredibile e inquietante che ha distinto questa commissione. Come denunciato proprio da La Notizia il 5 febbraio scorso, al tempo – nonostante i casi di violenza e, purtroppo, di femminicidi si susseguissero – la commissione non si era mai riunita, né aveva una presidente. Solo dopo il nostro articolo e la polemica che ne è nata a Palazzo Madama si è pensato che forse era il caso di colmare quell’imbarazzante gap.
Nominare presidente, vicepresidente e segretari a quanto pare non basta. Bisognerebbe entrare nel merito delle questioni e delle problematiche che un argomento così delicato si porta dietro. Per ora nulla è stato fatto. La prossima convocazione è fissata al 21 marzo. Ben 14 giorni dopo l’ultima seduta. Argomento: “programmazione dei lavori”. E anche in questo si vedrà solo l’Ufficio di presidenza. In pratica, una riunione per decidere di che parlare nelle prossime riunioni. Di questo passo a fine legislatura riusciremo ad audire anche qualcuno.
La lettera inviata a La Notizia dal Sen. Valente (leggi)