Non solo finanziamento illecito ma anche fatture per operazioni oggettivamente inesistenti. Si complica la posizione dell’ex tesoriere dei dem Francesco Bonifazi, nell’ambito di uno dei rivoli della maxi inchiesta sullo Stadio della Roma, perché i pm sono a lavoro su una nuova ipotesi investigativa che rischia di inguaiarlo. I sospetti del procuratore aggiunto Paolo Ielo e dei pubblici ministeri Barbara Zuin e Luigia Spinelli, tornano ancora una volta a concentrarsi sul versamento di 150 mila euro alla fondazione Eyu, quest’ultima vicina al Pd, da parte del costruttore romano Luca Parnasi.
Un pagamento in chiaro, ossia regolarmente registrato e perfettamente tracciabile, che scandagliando conti, atti e documenti, avrebbe portato alla scoperta di almeno una fattura che ha fatto drizzare le antenne dei magistrati. I soldi finiti alla fondazione, secondo quanto emerge da fonti investigative, sarebbero pari a 127 mila euro più 23 mila di Iva. Importi che erano serviti a pagare uno studio, commissionato da Parnasi ad Eyu, in merito al rapporto tra gli italiani e la casa.
Un lavoro che a parere della Procura era stato pagato ben più del valore reale, da qui la nuova ipotesi di lavoro, e che, inoltre, presentava almeno due stranezze. La prima è che la fondazione non rientrava tra quelle specializzate nel settore e per questo si domandavano i pm come mai Parnasi avesse scelto di affidarsi proprio a loro. La seconda, invece, è quella che ha fatto scattare l’ipotesi di finanziamento illecito perché, forse per una semplice coincidenza, tutto avveniva proprio nel bel mezzo della campagna elettorale delle scorse elezioni politiche.
I presunti finanziamenti illeciti ai partiti, ossia l’ultimo troncone ancora in fase d’indagine della maxi inchiesta sul sistema corruttivo messo in piedi da Parnasi, non ha coinvolto il solo Bonifazi ma anche il tesoriere della Lega Giulio Centemero. Quest’ultimo ieri era atteso in Procura per essere sentito in qualità di indagato in merito ai 250 mila euro erogati dal costruttore romano verso la fondazione Più Voci, da lui presieduta e ritenuta legata al Carroccio. Ma l’uomo, nel tardo pomeriggio, ha deciso di rimandare l’interrogatorio che ora potrebbe slittare di qualche giorno e contestualmente, tramite il suo legale, ha fatto avere ai magistrati di piazzale Clodio una memoria difensiva scritta con cui ha spiegato la propria verità.
Un documento in cui l’uomo avrebbe affermato sostanzialmente che il pagamento non sarebbe altro che una regolare erogazione effettuata ad un’associazione culturale. Ma c’è di più perché Centemero, la cui posizione sotto il profilo investigativo risulterebbe più lieve rispetto a quella dell’omologo del Pd, nella sua memoria avrebbe anche spiegato per filo e per segno che quei soldi non sarebbero affatto stati impiegati per attività del partito. Del resto, conclude il tesoriere, contrariamente a quanto sostiene la Procura, Più Voci non sarebbe affatto collegata al Carroccio.