Se il sì alla Tav rappresenta una bomba elettorale per il Movimento 5 Stelle, con lo stallo attuale e con un eventuale ‘no’ la Lega tradisce la sua base, da sempre favorevole all’opera, e compromette l’ipotizzata vittoria alle regionali del Piemonte. Senza contare, il sempre più rumoroso malcontento che proviene dal Nord produttivo, dove il Carroccio ha la sua potenza elettorale, pronto a dare battaglia in caso di ulteriore temporeggiare da parte del governo o, peggio, di un definitivo stop alla Torino-Lione.
Con la bocciatura della Tav, infatti, o anche solo con l’ennesimo rinvio della decisione a dopo le europee, è al Nord che la Lega rischierebbe seriamente di compromettere una partita, come quella delle regionali in Piemonte, in cui la vittoria sembrava, almeno fino a un mese fa, scontata. E l’ipotesi di conquistare anche l’ultimo baluardo Dem, in una parte di Italia dominata dal verde (Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia) e dall’azzurro (Liguria), fa troppa gola a Matteo Salvini che porta avanti la sua lotta a difesa dell’opera in un ardito gioco di equilibrismo, stretto tra la ragion di governo e quella di partito.
Il leader leghista manda avanti i ‘suoi’ governatori, Attilio Fontana e Luca Zaia che assicurano: difendiamo la Tav “non solo come aspetto di modernità, ma anche come visione di quegli itinerari europei da cui” non si vuole essere tagliati fuori. Per il presidente veneto “sarebbe molto sbagliato partire dal presupposto di non farla”, mentre il lombardo Fontana ribadisce che si tratta di “un’opera importante per il sistema paese, per lo sviluppo dell’economia e per la circolazione dei cittadini”. Ma le pressioni aumentano, il countdown in vista di lunedì è già iniziato. Lo spartiacque è la pubblicazione dei bandi di gara per il tunnel di base da 2,3 miliardi e il popolo del sì non vuole lasciare nulla di intentato prima della decisione che dovrebbe arrivare all’inizio della prossima settimana.