La bagarre, orchestrata dal Pd, deflagra nel cortile di Sant’Ivo alla Sapienza, all’ingresso della Giunta delle immunità del Senato, dopo la votazione che ha negato l’autorizzazione a procedere avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania nei confronti del vicepremier Matteo Salvini. Ma l’obiettivo della protesta dem, ha un nome e un cognome: il commissario M5S, Michele Giarrusso. Non a caso risparmiano Maurizio Gasparri, De Poli, perfino il leghista Pillon. Aspettano che il senatore siciliano esca dall’aula e partono all’attacco: “Sei un burattino”; “vergognati”; “ti piace la poltrona?”; “restituisci tutto lo stipendio”.
Lui se la ride, quasi divertito. Poi, all’improvviso, il gesto che non ti aspetti per ribaltare la frittata e passare da accusato ad accusatore. “Non accettiamo lezioni di onestà da chi ha parenti e amici agli arresti”, taglia corto Giarrusso verso i colleghi del Pd, mimando loro il gesto delle manette. “In galera non ci siamo noi, ai domiciliari ci sono altri…”, ribadisce il concetto poco dopo parlando con i cronisti. “Mio padre e mia madre sono regolarmente a casa: altri sono ai domiciliari. E poi sono loro che parlano di onestà?”, riferimento per nulla velato all’inchiesta dei magistrati di Firenze che hanno disposto i domiciliari per il padre e la madre dell’ex premier, Matteo Renzi.
“Il Movimento è compatto – ha aggiunto Giarrusso -. E’ una grande festa della democrazia”. Il voto di lunedì sulla piattaforma Rousseau “non ha precedenti nella storia”, insiste l’esponente M5S rivendicando tanto la decisione di sottoporre la questione Diciotti agli iscritti del Movimento quanto il voto contro l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. Prima dell’ultimo affondo contro il Partito democratico: “Sono loro che dovrebbero vergognarsi per quello che hanno fatto – conclude Giarrusso -. Loro e i loro parenti per distruggere l’Italia”.