La riforma delle autonomie proposta dalla Lega fa acqua da molte parti, Quirinale e Movimento 5 Stelle contro il testo proposto dalla ministra Erika Stefani, che secondo fonti vicine al dossier attuerebbe una secessione in via amministrativa delle regioni più ricche. Il percorso iniziato con i referendum per l’autonomia approvati nei mesi scorsi dal Veneto e dalla Lombardia e con analoga decisione presa dal consiglio regionale dell’Emilia Romagna ieri è approdato in consiglio dei Ministri dove si è arenato contro le pesanti perplessità del movimento guidato da Luigi Di Maio.
Il primo allarme era scattato nelle scorse settimane quando il ministro leghista delle Autonomie Stefani, aveva incontrato il ministro della Salute, Giulia Grillo e il suo capo di gabinetto, Guido Carpani, per illustrare il contenuto delle norme sull’autonomia messe a punto con i governatori Attilio Fontana, Luca Zaia e Stefano Bonaccini. In quell’occasione a destare le preoccupazioni della ministra pentastellata erano state le norme sulla sanità con dei Lea (livelli essenziali di assistenza) che avrebbero accresciuto a dismisura le differenze tra le prestazioni sanitarie delle tre regioni interessate dall’autonomia e tutte le altre. Inoltre avrebbero aggravato le perplessità della Grillo anche le disposizioni che puntano a dare mano libera al Veneto e alla Lombardia sui precorsi di specializzazione per i medici. Mentre nelle ovattate stanze del Quirinale, dove il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, vigila sull’unità del paese, si sarebbe acceso, già da molte settimane, un faro sulla destinazione delle tasse del Veneto.
Infatti gli accordi messi a punto dalla Stefani e da Zaia per andare incontro alle richieste del governatore di lasciare nella sua regione i nove decimi delle tasse prodotte rappresenterebbero una palese violazione del principio costituzionale della solidarietà che prescrive che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Inoltre a preoccupare buona parte dell’arco costituzionale ci sarebbe la previsione che le norme presentate dalla Stefani per dare l’autonomia alle tre regioni prevedono che il Parlamento le approvi senza possibilità di emendarle, con una sorta di prendere o lasciare che destinato a complicare di molto i rapporti tra i due partiti di governo.
Infatti il leader della Lega, Matteo Salvini, prima di entrare in Consiglio dei Ministri per esaminare le norme sull’autonomia, riferendosi ai 5 Stelle ha detto: “Siamo d’accordo”. Pronta è arrivata la risposta dei pentastellati che hanno fatto circolare un dossier messo a punto dai loro gruppi parlamentari sulle intese con Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna in cui oltre a criticare l’inemendabilità delle norme scritte dalla Stefani, spiega che “Il MoVimento 5 Stelle, infatti, è favorevole a un processo di Autonomia soltanto a patto che questo sia solidale e cooperativo. Il trasferimento di funzioni, infatti, non può e non deve essere un modo per sbilanciare l’erogazione di servizi essenziali a favore delle regioni più ricche. Insomma, guai alla creazione di un contesto in cui ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, esito espressamente vietato dalla Costituzione”.
Al termine del Consigli dei ministri, la responsabile delle Autonomia ha detto “Tutti i ministeri hanno dato il loro contributo. L’impianto generale e la parte finanziaria delle intese sono chiuse con il via libera del Minisetro dell’Economia. Già questa settimana si riunisce il tavolo del governo sull’Autonomia per formulare la proposta definitiva per le regioni per arrivare alla firma delle intese. Naturalmente ci sarà il confronto con il Parlamento”. Poi Salvini ha chiarito che ci sarà un: “vertice politico la prossima settimana che farò con Luigi Di Maio e Giuseppe Conte”.