Più treni, più servizi ma anche una montagna di ritardi per l’alta velocità ferroviaria. Il bilancio del 2018 è impietoso, con oltre 18mila ore di ritardo accumulate da Frecce Fs e Italo, di cui 4.460 ore in partenza e 13.687 all’arrivo. Una caduta verticale rispetto al 2017, con un aumento del 50,5% dei ritardi all’arrivo e una percentuale di appena il 34,8% dei convogli che entrano puntualmente nella stazione di destinazioni. Il dato fornito dal Portale di Rfi e analizzato sull’edizione online di ieri del Sole 24 Ore rivela un calo della puntualità anche per i treni regionali, scesa dal 58,6% al 57,4%. Perché tanti ritardi e di chi è la responsabilità?
A compromettere il dato finale sono stati i cantieri e una serie di problemi concentrati nei mesi di ottobre e novembre scorsi, in parte superati da un’accelerazione chiesta direttamente dall’Ad Gianfranco Battisti (nella foto), tanto da vedere già a dicembre un miglioramento della situazione. Grazie ad alcuni ritocchi all’orario, alla chiusura delle porte dei treni anticipata di un minuto rispetto all’ora di partenza, e a un rafforzamento delle sale operative, i servizi hanno recuperato efficienza, ma per cambiare veramente passo si attendono i nuovi treni Pop e Rock più veloci, una serie di sofisticati sistemi di controllo elettronico sulle reti più trafficate di Roma, Firenze e Milano.
Investimenti che l’Autorità di regolazione dei trasporti chiede anche per evitare possibili blackout della rete, insieme a una revisione degli orari dei treni già dall’estate prossima. Il rischio però è che si faccia come le compagnie aeree, che hanno aumentato mediamente di mezzora la durata prevista per voli in realtà ben più brevi, arrivando così in “perfetto ritardo” e senza che questo risulti sul livello di affidabilità per i passeggeri. Un giochino che ai treni non conviene fare, soprattutto nel caso dell’Alta velocità, per non vanificare il vantaggio che oggi li rende su molte tratte comparabili con gli aerei.
Un tema questo che si confronta anche con il prezzo del biglietto e il numero di treni, con i quali però d’altra parte si satura quasi interamente la rete ferroviaria, finendo per generare i ritardi. Una strada, quest’ultima, sulla quale si muove l’Autorità, mentre c’è chi invece sostiene l’impossibilità di sfruttare così intensamente i binari, a costo di ridurre l’offerta dell’Alta Velocità oggi in realtà molto apprezzata dai clienti. I treni Av – come fa i conti il Sole 24Ore – sono passati dai 67.344 del 2014 ai 111.387 del 2018 (+65%), con un indice di riempimento della rete del 72% contro l’80% che indica saturazione.