“Il comune edificio europeo sta attraversando una fase particolarmente critica. Il progetto europeo sembra avere perso la sua forza propulsiva. Paradossalmente, però, proprio nel momento in cui sentiamo affievolirsi questa forza, che ha permesso al processo di integrazione di avanzare con tanta rapidità, la complessa congiuntura storica pone davanti a noi, rappresentanti delle Istituzioni, nell’ambito dei rispettivi ruoli e delle diverse responsabilità, sfide di cruciale rilievo”. E’ quanto ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, intervenendo davanti alla sessione plenaria dell’Europarlamento.
“Come già in passato altri che ci hanno preceduto in corrispondenza di altrettante fasi critiche, siamo chiamati – ha detto ancora il premier – a operare uno sforzo comune, alimentato da un grande senso di responsabilità: abbiamo il compito di rilanciare il progetto europeo, facendogli riacquistare credibilità e coesione, in modo da accrescerne la sostenibilità, l’efficacia, la plausibilità. Il progressivo avanzamento nel percorso di integrazione ci ha reso realmente popolo, comunità di destino, al di là di ogni fictio giuridica? Certo, il percorso di definizione e di costruzione di un ‘popolo europeo’ ha vissuto momenti significativi di avanzamento. Nonostante tutto però, non siamo riusciti ancora a diventare veramente un ‘popolo’, non abbiamo avuto il coraggio di costruire un modello inclusivo che, realisticamente, al di là di ogni retorica, favorisse la creazione di un demos europeo”.
“La politica europea – ha detto ancora Conte -, di fronte a una crisi economica senza precedenti, si è ritratta impaurita al di qua della fredda grammatica delle procedure, finendo col perdere progressivamente il contatto con il suo popolo e rendendo sempre più incolmabile la distanza, che non è solo geografica, tra Bruxelles e le tante periferie del Continente. La politica ha rinunciato alla sua funzione legittimante e rappresentativa, apparendo – agli occhi dei cittadini – distante e ‘oligarchica’”.
“Siamo di fronte a un tornante decisivo della storia dell’Europa unita – ha aggiunto il premier -, ci attendono decisioni fondamentali per il nostro futuro. Questo ‘popolo europeo’, riaffacciatosi prepotentemente sul palcoscenico della storia, chiede con urgenza di essere finalmente ascoltato, chiede un decisivo cambiamento di metodo e di prospettiva. E’ un’occasione preziosa per recuperare il tempo perduto, per invertire il processo di progressivo distacco tra governanti e governati che – se ulteriormente alimentato con il silenzio, l’indifferenza o anche solo il tentativo di minimizzarne la portata – può determinare l’implosione del mondo che avevamo conosciuto. Non dobbiamo avere paura del conflitto, dobbiamo mostrarci capaci di governarlo. Non dobbiamo reagire al cambiamento, opponendo un conservatorismo sterile e deteriore, tutto proteso a difendere la ‘cittadella assediata’”.
“Nessuno Stato Membro europeo – ha detto ancora Conte – può da solo giocare un ruolo significativo. Di qui l’auspicio che una voce europea unita trovi spazio anche al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E’ una battaglia, questa, su cui l’Unione Europea deve muoversi in modo coordinato, deve parlare con una sola voce. L’Unione Europea deve saper parlare al mondo. Un’Europa forte, ambiziosa e coesa è innanzitutto necessaria per migliorare la sua capacità d’interlocuzione con gli Stati Uniti”.
“I flussi migratori – ha aggiunto il premier – non si governano da soli. Occorrono sforzi condivisi. Come stabilito al Consiglio Europeo di giugno, devono riguardare tutti e 28 gli Stati Membri. La proposta di riforma del Regolamento di Dublino, approvata dal Parlamento Europeo a novembre del 2017, non è sostenibile nell’attuale Unione Europea. Prevale, purtroppo, l’indisponibilità della maggioranza degli Stati Membri a partecipare ad una solidarietà automatica e obbligatoria”.
“Pur tuttavia – ha aggiunto Conte parlando ancora di immigrazione -, l’attuazione delle Conclusioni del Consiglio Europeo del 28 giugno 2018, che si ispirano ai principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità, richiamati nell’articolo 80 del Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea, non può essere rinviata oltre. Di fronte allo scempio di vite umane abusate, vendute, spezzate, dobbiamo combattere tutti insieme una lotta senza quartiere ai trafficanti e agli aguzzini, che rappresentano un affronto all’umanità oltreché una minaccia alla nostra sicurezza. Smettiamo di rimanere divisi, cedendo a logiche nazionaliste o regionaliste, e cerchiamo di mettere in pratica un’autentica solidarietà, così da ripristinare un’Europa rispettosa delle vite umane e della propria sicurezza”.
“L’inadeguata e insufficiente solidarietà all’interno dell’Ue spiega anche perché l’Europa fatichi e tardi ad essere più equa e sociale. La nuova legislatura europea deve perseguire con maggiore decisione e come urgente priorità la lotta contro la disoccupazione e il sostegno alla crescita”.